Roma come Venezia – assimilate per essere, non città italiane importanti, ma le sedi principali dei nostri festival cinematografici, in un 15 contro 77, i numeri che le contraddistinguono, indicando che la prima delle due manifestazioni è ben più giovane dell’altra, è una adolescente famosa ma non quanto la Signora della Laguna conosciuta da tutto il mondo – si fa avanti con una coraggiosa Festa del Cinema, nonostante e in lotta contro il Covid19, tenuto a bada grazie a un grosso sforzo organizzativo. Quest’ultimo non eccelle come al Lido, va detto, ma è degno di nota e produttivo di effetti positivi, quali la serenità dello spettatore di andare al cinema senza l’ansia dei contagi. Perché è così: guardare uno schermo o un palco per un paio d’ore, stando distanti lateralmente, con uno spazio fronte a sé, sempre con la mascherina indosso, senza parlare, il tutto dopo aver provato la febbre e, come in alcuni spazi, per esempio al cinema Gloria di Milano in corso Vercelli (http://www.notoriouscinemas.it/gloria/index.php ), stando seduti laddove vi è un particolare sistema di areazione, NON è rischioso e sicuramente lo è molto meno che camminare per le vie cittadine, salire su mezzi pubblici, fare la spesa, prendere un caffè, vedersi a casa di amici (!) o altro. Cerchiamo – sempre riferendomi a persone senza pregresse patologie nei quali casi le misure da adottare sono più rigide e specifiche – di fare una differenza fra il non vivere e il convivere in modo intelligente e totalmente prudente con questo nemico che, prima o poi, finalmente se ne andrà. La spagnola ci impiegò due anni ed era un secolo fa. Oggi si viaggia assai di più e più lontano, ma, ciò che conta, i progressi, sia scientifici che medici, sono incomparabili con quelli di allora. Sì, io ho fiducia nella scienza. Ho rispetto per chi ha sofferto e soffre a causa del Covid19 che temo moltissimo, ma non demonizzo la Cultura perché ci può salvare, aiutando il bene assoluto della salute psicologica collettiva e individuale e arricchisce la mente, oltre ai cuori, dei popoli e di ciascuno di noi. La Cultura è stata dimenticata nel primo lockdown e ora è nuovamente repressa, ma la voce di chi la rappresenta è stata quantomeno sentita stavolta! Ho fiducia che, anche grazie agli sforzi evidenti e di risultato, compiuti a Venezia e a Roma – come a Siena e altrove, come anche a Milano, per esempio al Franco Parenti della Signora Shammah, che, da ottima imprenditrice e amante intelligente del teatro, va avanti con grinta tanto da ottenere, in risposta, un tutto esaurito costante la scorsa estate – verrà considerata nel modo in cui merita e meritiamo tutti, operatori del settore e non. Ora veniamo all’Auditorium di Renzo Piano e ai film di Roma FF15.
Ricordo che la Festa del Cinema così si chiama per differenziarsi dai festival cinematografici, nel senso di proporre sì una rassegna di film ma non una gara con i premi, tant’è che l’unico riconoscimento arriva al titolo scelto dal pubblico che vota le proiezioni viste. Le più votate finora sono state, dell’anno scorso, ‘Santa Subito’ dell’italiano Alessandro Piva e, del 2018, ‘Il vizio della speranza’ di Edoardo De Angelis (recensione a pag 3: https://alessandrabasileattrice.com/wp-content/uploads/2020/05/TRADERS12_2018_social_basile.pdf). Esistono poi dei premi alla carriera, come quello dato nel 2019 alla straordinaria Viola Davis o come quello che quest’anno è andato al grande Steve McQueen.
Il primo giorno della FF15 è stato giovedì 15 ottobre 2020 per durare, come sempre, una decina di giorni. La gestione, anche e soprattutto in un momento che richiede maggiore impegno ‘dall’alto’, è sempre di Antonio Monda, che ha proclamato: ‘i film come rinascita, reagiremo con la bellezza’ (www.leggo.it/spettacoli/cinema/festa_del_cinema_di_roma_presentazione_intervista_antonio_monda-5505437.html ). Con lui, la Presidente della Fondazione Cinema per Roma Laura Delli Colli.
Come tutti gli anni, la sezione ‘Alice nella città’, vero e proprio festival cui concorrono le giovani generazioni di cineasti, dove i premi vengono dati con l’aiuto di una giuria, si differenzia dunque dalla così detta Selezione Ufficiale. ‘Alice nella città’ è caratterizzata da corti e film, in concorso e non, ma anche da ‘cortometraggi eventi speciali’, serie, incontri e così via. La premiazione è avvenuta nella zona romana dell’Eur (che sono stata felice di conoscere) nella splendida Nuvola di Fuksas.
La Festa del Cinema, che in genere si svolge soprattutto nel grande e, allo stesso tempo, ‘cozy’ Auditorium di Renzo Piano, è stata ‘distribuita’ anche in giro per la città al fine di evitare i temuti assembramenti. Io comunque resto affezionata al cuore architettonico della manifestazione.
A calcare il red carpet romano quest’anno sono state meno star del solito, tuttavia, come si suole dire, ‘poche ma buone’, come il grande regista Steve McQueen, il regista italiano Gianfranco Rosi, entrambi intervistati da Monda negli ‘Incontri ravvicinati’, e i tanti personaggi dei cast dei film presentanti o comunque proiettati, della selezione ufficiale o di ‘Alice nella città’ o aperti a tutti.
LE MIE RECENSIONI sugli 11 film che ho visto a Roma, FF15. In ordine di proiezione.
Le mie recensioni: STRAY di Elizabeth Lo
Non i quadrupedi raffinati che partecipano ai concorsi dedicati, ma quelli più ‘tosti’ che trascorrono la propria esistenza per strada, che devono sopravvivere nel senso vero del termine, che trovano chi li accarezza e chi li maltratta, sono i fantastici, non esagero, protagonisti di questo particolare e originale film documentario della regista cinese. Sono gli ‘stray’, cioè i randagi, quelli che noi tutti teniamo a distanza, perché temiamo che possano aggredirci o, come nel caso di qualche cucciolo, che, toccandoli, possiamo prenderci delle malattie importanti. Ma loro, i signori cani della strada, almeno in questo documentario, sono un po’ come noi o meglio come gli umani che ahimè dormono sui marciapiedi e cercano anch’essi cibo e calore, non vogliono male agli altri, ma solo un aiuto. Vi è parecchia dignità nell’atteggiamento di questi amici dell’uomo. Diciamo che, con il film, abbiamo un modo di guardare alla realtà circostante… diverso: lo spettatore, grazie a delle inquadrature dal basso verso l’alto, osserva cose, eventi e persone attraverso gli occhi dei quattro zampe protagonisti, sentendosi letteralmente alla sua altezza. Le posizioni dei cani in pura attesa – se per strada ci sono i pericoli che richiedono l’immediatezza dell’azione o reazione per affrontare qualche nemico oppure la fuga da una situazione rischiosa, lunghe sono anche le ore passate ad aspettare, senza che veramente nulla accada, tipo ‘Waiting for Godot’, e senza che una meta giustifichi un moto di spostamento quindi evitato – hanno un che di regale, cioè il vero protagonista canino, Zeytin, sembra, in certe riprese video, avere un’aria di superiorità e, al contempo, di enorme saggezza. Molto indovinate anche le scene in cui Zeytin giocherella felice con gli altri cani, si diverte lui e fa simpatia a noi. Non bisogna essere amanti degli animali, dei cani, per potere apprezzare questo documentario così ben recitato – la battuta non può non venire ma in effetti non è una battuta, perché Zeytin, Nazar and Kartal sono credibilissimi – dai cani del cast. Un’altra particolarità è il riportare ben scandagliate nel corso del film alcune citazioni inerenti alla razza canina enunciate da celebri filosofi dell’antica Grecia, uno su tutti Platone. Questi del cane disse: ‘chi vegga sconosciuto, gli fa il viso dell’arme, pur senza averne avuto in precedenza alcun male; chi gli è invece conosciuto, lo accoglie lietamente, anche se non ne abbia mai avuto alcun bene’, riconoscendogli il dono della consapevolezza. Voto: 7/8.
(www.filosofia.unimi.it/itinera/mat/saggi/?ssectitle=Saggi&authorid=decaroe&docid=respublica&format=html#:~:text=Il%20cane%20infatti%2C%20spiega%20Platone,alcun%20bene%C2%BB%20%5B13%5D. ).
SELEZIONE ‘ALICE NELLA CITTA’ ’
Titolo originale Stray
Regia Elizabeth Lo
Lingua originale turco, inglese; Paese di produzione USA
Anno 2020; Durata 73’; Genere documentario
Cast Zeytin, Nazar and Kartal
Sceneggiatura Elizabeth Lo
Produttore Elizabeth Lo, Shane Boris
Co-Produttori Ceylan Carhoglu, Zeynep Köprülü
Produttore esecutivo: Ina Fichman
Produttore associato: Zeynep Aslanoba
Musica: Ali Helnwein
Sound designer: Ernst Karel; Re-recording mixer: Bijan Sharifi
Trailer (italiano/inglese): https://www.youtube.com/watch?v=93MRz3sN0ds
F1a) Stray
La locandina del film “Stray” diretto da Elizabeth Lo.
Fonte: https://pad.mymovies.it/filmclub/2020/10/106/locandina.jpg
F1b e c) Zeytin, il protagonista del film
L’espressivo cane randagio protagonista.
Fonte: https://images.amcnetworks.com/docnyc.net/wp-content/uploads/2020/10/stray-key-still.jpg
Fonte: https://images.squarespace-cdn.com
Le mie recensioni: IO STO BENE di Renato Rotunno
Il protagonista è l’anziano e bravissimo Renato Carpentieri, le cui capacità interpretativa e intensità mettono in ombra la oggi nota Serraiocchi, dal viso intrigante stile Natalie Portman, della quale però non detiene nemmeno un decimo di bravura. Forse questo film non è stato il ‘suo’ film, perché io non ho mai visto la Serraiocchi in altre interpretazioni, forse altri ruoli sono stati più nelle sue corde, ma resta certo che in ‘Io sto bene’ l’attore agé – chiaramente di teatro e, a scanso di equivoci, ciò è in accezione più che positiva – fa centro e regge tutto il film di Donato Rotunno. Molto bravi anche i ragazzi che, nel film, interpretano il personaggio maschile principale, Antonio Spinelli, e sua moglie, una lussemburghese, da giovanissimi con l’approdo, sessant’anni prima, dell’italiano in terra straniera. Nel tempo presente del film è il personaggio di Sara che vive da migrante in Lussemburgo, dove è giunta per cercare fortuna come vj e qui scontrandosi con una realtà molto dura ed escludente, fino a quando incontra Spinelli che, invece, la capisce, avendo vissuto quella stessa esperienza così tanto tempo prima. Nel film, onestamente, ci sono delle verità, ma anche delle generalizzazioni spesso negative sul nostro Paese che non sempre trovano fondamento. Di nota la regia, che armonizza tutte le storie ben dirigendo la maggior parte degli attori, e la fotografia, elemento essenziale in un prodotto video che sia un lungometraggio o un corto. Ciò che manca, a mio parere, sta nella sceneggiatura ed è una maggiore profondità relativamente alle vite e all’anima dei personaggi, però è proprio Carpentieri che, soprattutto nei suoi magnifici primi piani, ci racconta attraverso gli occhi il suo mondo interiore. Se fosse una serie tv, con una sfilza di personaggi ed episodi, le loro storie sarebbero approfondite via via nelle varie puntate, ma questo è un unico film. Un film ricco di spunti, begli spunti, fra i quali quello di avere fiducia nelle possibilità di incontro che la vita ti offre, magari non l’incontro che si è sognato, ma comunque importante al punto da generare una differenza nel proprio modus vivendi: per esempio a Toni riempirebbe il cuore di gioia rivedere sua moglie, mancata pochi mesi prima, ma è impossibile, tuttavia, quando si imbatte nella giovane vj, si illumina, perché, invece di chiudersi in una casa di cura di cui ogni angolo e la mensa lo inorridiscono, decide di non vendere più il suo ampio appartamento e di ospitare la ragazza, fra l’altro incinta, per aiutarla in una lotta per la sopravvivenza, quella del migrante, che lui ben ricorda. Altri spunti arrivano dalle speranze nell’avvenire, sia sentimentalmente che professionalmente, dei poco più che ventenni, appunto Spinelli e i suoi due amici in una vita passata, dal ricongiungimento della vj con la famiglia e, senz’altro, da altri momenti del film in cui ciascuno può riconoscersi o meno. Voto: 7.
La sera della presentazione del film con parte del cast presente l’attrice Valentina Lodovini, che era fra il pubblico ed è parte della giuria di ‘Alice nella città’, è stata intervistata. Vi ho assistito, anzi ero lì dietro, eccola: https://video.virgilio.it/guarda-video/valentina-lodovini-e-tra-i-giurati-del-festival-del-cinema-di-roma_ms1166307 . Presenti in particolare il regista Rotunno e fra gli attori l’emergente Sara Serraiocco.
SELEZIONE ‘ALICE NELLA CITTA’ ’
Titolo originale Io sto bene
Regia Donato Rotunno
Lingua originale italiano; Anno 2020; Durata 94’; Genere drammatico
Paese di produzione Lussemburgo/Belgio/Germania/Italia
Cast Renato Carpentieri, Sara Serraiocco, Alessio Lapice, Marie Jung,
Sceneggiatura Mark Monroe
Scenografia: Igor Gabriel;
Costumi Magdalena Labuz
Produttore Elise André, Yilmaz Arslan, Valérie Bournonville, Marta Donzelli, Joseph Rouschop
Casa di produzione Tarantula, MaxMa Film, Vivo film, Arte, con il contributo del MiBACT, VOO-Be, con il sostegno di Film Fund Luxembourg, Wallimage, Casa Kafka, Regione Lazio, Fondazione Apulia Film Commission
Musiche Massimo Zamboni
Video intervista al regista: https://www.youtube.com/watch?v=Bd7ClHOG69o
F2a) Io sto bene
La locandina del film “Io sto bene” diretto da Renato Rotunno.
Fonte: https://www.cinematografo.it/wp-content/uploads/2020/10/io-sto-bene-e1602776033901-700×430.jpg
F2b) Renato Carpentieri
Il grande attore italiano in un momento.
Fonte: https://i1.wp.com/www.sentieriselvaggi.it/wp-content/uploads/2020/10/io-sto-bene_renato-carpentieri.jpg?resize=860%2C360&ssl=1
Le mie recensioni: SUPERNOVA di Harry MacQueen
Straordinari! Una coppia professionale di pezzi da novanta! Due artisti doc, due Attori di talento altissimo che sanno con grande umiltà e sincera empatia per i loro personaggi rendere questi ultimi con una delicatezza impressionante. Due nomi dunque: Colin Firth e Stanley Tucci. E sono così felice che Stanley Tucci sia coprotagonista e non più l’eccezionale caratterista di alcune pellicole di successo, come ‘Il diavolo veste Prada’, o il candidato all’Oscar come migliore attore non protagonista di ‘Amabili resti’, perché questo bel cinquantanovenne, con la capacità di regalare momenti minuziosamente commoventi o divertenti con quello humour che definiremmo inglese, ha davvero stoffa e, come si direbbe in linguaggio colloquiale, ‘è tanta roba’. E poi c’è lui, il re Giorgio balbuziente del grande schermo che tutti abbiamo amato e che, con la meravigliosa interpretazione al suo fianco di Geoffry Rush, che avrebbe dovuto ricevere l’Oscar per quel ruolo, si è guadagnato la statuetta d’oro come migliore attore protagonista con ‘Il discorso del Re’. Ma lo ricordiamo anche come Darcy, amato da Bridget Jones, e, prima, Lord Wessex in ‘Shakespeare in love’. Due attori così si spartiscono lunghi dialoghi intensi e una sceneggiatura delicata e potente, non adatta a tutti eppure capace di arrivare al cuore con semplicità attraverso parole molto vere. Insomma, non racconterò la storia, ma dirò: 9. Questo il mio voto a ‘Supernova’ e 10 e lode a ciascuno degli interpreti, che sanno tenere un equilibrio ineccepibile, come qualcuno che tiene due tazzine di caffè piene, una su ogni dito indice, e intanto cammina e parla senza mai far cadere se stesso o le tazzine. Un film bilanciato, dove un soffio d’alito leggermente più forte può far cadere il castello di carte montato. E una spinta a pensare a fondo a un quesito esistenziale quando la malattia colpisce chi ci ama: qual è la scelta migliore per l’altro e per noi, per entrambi? Sì o no agli accanimenti terapeutici? Come gestire, da vittima e nei panni di chi se ne prende cura, l’avanzare di una malattia, l’Alzheimer, che rende la persona colpita un ‘involucro vuoto’ (dice Tucci) incapace di riconoscere gli altri e soprattutto chi le vuole bene?
SELEZIONE UFFICIALE
Titolo originale Supernova
Regia/Sceneggiatura Harry MacQueen
Lingua originale inglese; Anno 2020; Durata 94’; Genere road movie drammatico;
Cast Colin Firth, Stanley Tucci
Paese di produzione Regno Unito; Scenografia Sarah Finlay
Produttore Tristan Goligher, Emily Morgan
Produttore esecutivo Mary Burke, Vincent Gadelle, Eva Yates
Casa di produzione British Film Institute, BBC Films, Quiddity Films, The Bureau
Fotografia Dick Poper; Montaggio Chris Wyatt
Musiche Keaton Hansen
Trailer (italiano/inglese): https://www.youtube.com/watch?v=70Bt5pIxLPw
F3a) Supernova
La locandina del film “Supernova” diretto da Harry MacQueen.
Fonte: https://pad.mymovies.it/filmclub/2020/03/020/locandina.jpg
F3b) Colin Firth e Stanley Tucci
I due grandissimi attori in una scena.
Fonte:https://ist.nyc3.digitaloceanspaces.com/staging/assets/series/supernova_01jpg_1600806845
Le mie recensioni: STARDUST di Gabriel Range
David Bowie agli esordi. Il film interpretato dal cantante e musicista Johnny Flynn, già interprete di altri ruoli interessanti e biografici, come Albert Einstein nella serie ‘Genius’ di National Geografic del 2017 e Mr. Knightley nel film ‘Emma’ di Autumn de Wilde del 2020, tratta della difficoltà notevole riservata a ‘the thin white Duke’, dovuta al suo modo di abbigliarsi e presentarsi, di camminare e… di truccarsi, insomma alla sua femminilità sbattuta in faccia all’America puritana focalizzata sul rock e non interessata alla sua reale e indiscutibile capacità canora. Portava i tacchi David, vero nome David Robert Jones, il cui (cog)nome d’arte allude al coltello pesante statunitense chiamato proprio ‘Bowie’ (https://it.wikipedia.org/wiki/Coltello_Bowie ). Il cantautore portava giacche lunghe che addosso apparivano come abiti eleganti un po’ orientaleggianti stretti in vita dai colori tenui. E questo non piaceva. Ammetto che, se mi accorgessi oggi di uno che mi passa accanto conciato così, lo guarderei perplessa e, se poi mi portasse delle sue canzoni caratterizzate da una musicalità triste e scura con un focus sulle droghe, resterei parecchio perplessa. E non siamo più da tempo nel XX secolo. Insomma, difficile colpevolizzare chi ne era colpito non così positivamente, lo dico e forse avrò parecchi contro per questa mia onestà un po’ borghese, ma imperdonabile è che un cantante con il dono della musica sia fermato o ostacolato per quello. Il problema, però, era anche un altro: Bowie puntava a un modo di fare musica che avrebbe trovato giusto riscontro nell’allora futuro, così gli diceva l’ufficio stampa della casa discografica Mercury (interpretato nel film davvero molto bene dall’attore Marc Maron), mentre ciò che gli veniva richiesto per provare a sfondare in America era di stare sullo stile dei Rolling Stones, tant’è che chi c’era lo ricorda, con la tuta spaziale e i capelli rosso carico, al concerto che gli regalò la fama, arrivata con il brano del 1972 ‘Ziggy Stardust’ da cui il primo alter ego dell’artista. Il concerto avvenne all’Hammersmith Odeon di Londra il 3 luglio 1973. L’attore che, in questo film, ne veste gli eccentrici panni e ne riproduce le movenze è bravo nell’aver reso il personaggio come impatto esterno, probabilmente è stato molto ben diretto e seguito da più di un coach, quindi su questo un plauso forte e meritato, perché spesso non è cosa dice un personaggio ma come che conta e quindi come cammina, come parla, come guarda e così via. Tuttavia, a mio parere, Flynn non riesce ad andare al substrato più profondo del personaggio, non riesce a trasmettere al pubblico il dramma e il terrore che abitavano l’animo di Bowie, terrorizzato dal cadere nella malattia del fratello. Dietro alla parvenza tanto criticata di Ziggy c’erano il dolore e l’insicurezza legati alla reclusione in un manicomio del fratello. Per farlo occorrono ‘solo’ molta esperienza e l’apprendimento tecnico. David Bowie è morto pochi anni orsono per un cancro che aveva già a uno stadio avanzato mentre componeva l’ultimo brano della sua vita, una lotta stavolta che il mito, un londinese di 69 anni, non è riuscito a battere. I miti, si può osservare, si reggono anche su fatti drammatici come questo, su una morte prematura, per l’età come fu per la Monroe o semplicemente giunta troppo presto rispetto alla creatività che avrebbe potuto ancora regalare al mondo. Se Bowie non è fisicamente più su questa terra, la sua musica invece sì e continua a essere apprezzata e, attraverso essa, il Duca bianco sopravvive. Voto: 7.
SELEZIONE UFFICIALE
Titolo originale Stardust
Regia Gabriel Range
Lingua originale inglese; Paese di produzione Regno Unito, Canada
Anno 2020; Durata 109’; Genere biografico, drammatico
Cast Johnny Flynn, Marc Maron, Jena Marone
Sceneggiatura Christopher Bell, Gabriel Range
Casa di produzione Piccadilly Pictures, Salon Pictures, Wilding Pictures
Produttore Matt Code, Nick Taussig, Paul Van Carter
Produttore esecutivo Christopher Figg, Saskia Thomas, Robert Whitehouse
Fotografia Nicholas D. Knowland; Montaggio Chris Gill
Scenografia Aidan Leroux; costumi Julia Patkos
Musiche Anne Nikitin
Trailer (inglese): https://www.youtube.com/watch?v=OQJqG4qaQ0U
F4a) Stardust
La locandina del film “Stardust” diretto da Gabriel Range.
Fonte: https://mr.comingsoon.it/imgdb/locandine/poster/59463_hd.jpg
F4b) David Bowies-Ziggy
Un’immagine di David Bowie nel suo alter ego che lo rese famoso Stardust-Ziggy.
Fonte: https://www.rollingstone.it/wp-content/uploads/2017/06/Ziggy-Bowie.jpeg
Le mie recensioni: MI CHIAMO FRANCESCO TOTTI di Alex Infascelli
10 e lode! Sì di cuore. Non è un film che si possa paragonare al livello per esempio di ‘Supernova’, altro film in concorso qui a Roma alla FF15, ma è un prodotto ricco di italianità, di romanità, di sport sano, di sogno, quello di un bambino la cui prima parola è stata ‘palla’, il cui primo calcio permessogli dai compagni di scuola in un gioco all’aperto tutto loro gli ha fatto guadagnare l’immediata stima dell’intera scolaresca, il cui appoggio più grande è nato e restato in famiglia, soprattutto da parte dell’amata mamma, che lo accompagnava e aspettava a tutti gli allenamenti. Il film, scritto benissimo, è stato realizzato con un montaggio che coinvolge tifosi e non – io non lo sono ma mi sono commossa più volte e divertita parecchio – e interpretato, come voice over sulle immagini di repertorio che scorrevano, da un bravo, bravissimo, Francesco Totti, tra l’altro molto ma molto simpatico nella sua autoironia, forse non umile, ma onesta e verace. Totti è quasi mio coetaneo, così quando dice ‘sto tempo è passato. Pure pe’ voi però’ io fra me e me rispondo ‘c’hai ragione Francé’. Perché, per chi è vissuto – seppure non guardando le partite di quegli uomini in mutande lanciati su una palla e possibilmente sui tiri in rete, quella della porta giusta – all’epoca d’oro del grande campione, del capitano della Roma, e anche nell’Italia del 2006, quando gli Azzurri, capitanati da Fabio Cannavaro e sotto la guida di Marcello Lippi, batterono la Francia ai calci di rigore e vinsero il campionato mondiale e il paese, ma soprattutto Roma, entrò in un girone infernale di feste e festeggiamenti come se d’improvviso tutti si fossero uniti nella vittoria al nemico comune, Totti e i suoi goal hanno significato assai di più: un’epoca che non torna. Ricordo poi, da vera italiana media (scherzo un po’), che in casa mio papà che teneva e tiene al Napoli e mio fratello Riccardo tifoso proprio della Roma ancora oggi guardavano le sacre partite in tv o talvolta allo stadio e gioivano o si disperavano senza mezze misure. Lo sport unisce e le manifestazioni che uniscono sono un momento di gioia vera o di dolore condiviso; le persone, la collettività, hanno bisogno di sentirsi uniti in un’unica causa. Totti è stato anche questo. Il mio voto reale al film sarebbe 7,5, ma, con il mio cuore di italiana e romana, io dò con convinzione 10elode!
SELEZIONE UFFICIALE
Titolo originale Mi chiamo Francesco Totti
Regia/Montaggio Alex Infascelli
Lingua originale italiano; Paese di produzione Italia
Anno 2020; Durata 101’; Genere documentario
Cast Francesco Totti
Sceneggiatura Alex Infascelli, Vincenzo Scuccimarra
Produttore Lorenzo Mieli, Mario Gianani e Virginia Valsecchi,
Casa di produzione The Apartment e Wildside, entrambe del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment, Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video
Distribuzione in italiano Vision Distribution
Fotografia Marco Graziaplena
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=jdlc3ppcxV8
F5a) Mi chiamo Francesco Totti
La locandina del film “Mi chiamo Francesco Totti” di Alex Infascelli.
Fonte: https://pad.mymovies.it/filmclub/2020/07/099/locandina.jpg
F5b) Francesco Totti family
L’addio al calcio del grande campione con tutta la sua splendida famiglia.
Fonte: https://www.bigodino.it/wp-content/uploads/2019/06/famiglia-totti-figli-ilary.jpg
Nei prossimi giorni la seconda parte di “ROMA FF15 Festa del cinema 2020”
Alessandra Basile
Attrice e Autrice. Inoltre collabora con la Comunicazione corporate di un’azienda. E’ Life Coach ICF e dal 2018 Mediatore giudiziario. Presiede l’Associazione filodrammatica Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, “Dolores”, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ama scrivere di film, spettacoli e personaggi.
Email: alessandraeffort@icloud.com
Sito web: www.alessandrabasileattrice.com
Blog: https://alessandrabasileattrice.com/blog/