Tattica e strategia
“Il denaro è più di un artefatto economico; è un’idea, una caratteristica centrale della civiltà, il benessere da cui
dipende, in una società liberale, la prevedibilità del suo valore, la sua stabilità, non solo di oggi, ma anche del lontano futuro”.
La frase, con mia libera traduzione, è di Robert Mundell, premio Nobel per l’Economia nel 1999, e fu pubblicata dal Wall Street Journal in un articolo dello stesso Mundell il 31 gennaio del 1983.
Sembra scritta oggi, in questi nuovi anni 20, con la pioggia di denaro a debito che sfida le generazioni future e fa esplodere i prezzi delle borse.
Così, ad ogni respiro del mercato, perché il mercato ha anche bisogno di riprendere fiato, il pubblico degli investitori si divide in due: ecco, è la volta del crollo, dicono i realisti. Quando torniamo a salire? Si chiedono invece i rialzisti ad oltranza.
Il mercato fa quello che vuole. Crollerà, continuerà al rialzo, ritraccerà: nessuno può dirlo. Di sicuro, qualcuno dovrà spiegare alle generazioni future come gestire la montagna di debito accumulato.
Draghi, Presidente del Consiglio Italiano, ma ex presidente della BCE in un momento in cui abbiamo dubitato tutti che l’euro potesse sopravvivere, ha detto, in sede europea, quello che nessuno ha osato dire finora: finiamola con la messinscena del patto di stabilità. Prendiamo atto che la realtà è cambiata e rivediamolo.
Nel bene o nel male, che questo sia un fatto positivo o negativo e di sicuro non voglio entrare su questo argomento, Draghi ha salvato l’euro. Draghi ha avuto il coraggio di salvare l’euro, contro la Bundesbank, contro le Banche americane che ci avevano speculato contro, contro i più selvaggi speculatori del pianeta. Vogliamo dirlo? La Bundesbank, in quel momento, l’euro l’avrebbe affondato per sempre.
Draghi ha anticipato quello che poi sarebbe accaduto. Intrapresa la strada della iniezione di liquidità, difficile tornare indietro. Draghi l’aveva capito, prima di ogni altro e prima di tutti noi. Giusta o sbagliata, quella era a strada che si era tracciata.
Non so come finirà. A casa mia, i debiti vanno pagati. La Modern Monetary Theory prova a sostenere che questo è vero per i debiti privati ma non per i debiti degli stati. O qualcosa del genere, sto brutalmente semplificando il concetto.
Il Giappone è il primo debitore mondiale, ma i giapponesi stanno bene. Dal punto di vista economico sono in deflazione, ma non sembrano esserne molto preoccupati. Continuano ad essere una potenza industriale di grande rilievo nel panorama mondiale. Ma hanno sovranità monetaria e il debito è tutto in mano ai cittadini giapponesi.
In Europa, il debito dei singoli stati dipende in misura significativa dai mercati finanziari. Negli Stati Uniti, abbiamo visto un crollo delle quotazioni dei future dei titoli di stato long term, che ci ha fatto pensare che qualcuno, forse non esattamente americano, giocava questa arma come pressione negoziale.
In questo variegato contesto dei nuovi anni 20, dove il mondo intero è alle prese con una faticosissima uscita dalla crisi pandemica, è difficile orientarsi. È la fine di un’epoca iniziata nell’agosto del 2007 e con i primi sintomi della crisi dei subprime. Era lo spettro della bolla dot.com alle spalle, e la necessità di nuovi rimedi da escogitare.
Abbiamo preso una strada. Difficile tornare indietro, ma dovremo trovare un esito da dare a quello che stiamo facendo.
Prima o poi capiremo come fare.
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Editore TRADERS’ Magazine ItaliaMaurizio Monti