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Aumentano i tassi o diminuisce l’inflazione?

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Lo scenario che ci trova impreparati 

Nel pazzo mondo della iper-liquidità, degli interventi delle Banche Centrali e di un never-ending-post-covi, con uno scenario geo-politico tutt’altro che rassicurante, alcuni parametri a cui eravamo abituati sono andati fuori controllo.
 

E c’è da chiedersi se il mondo sta cambiando così tanto che dovremo adeguare la nostra scienza al cambiamento.

Oppure se, semplicemente, usciremo presto dal sogno e la realtà ricondurrà i parametri ai valori cui siamo abituati.
 
Uno dei parametri al momento fuori controllo, anzi fuori di senno, è il rapporto fra tassi di interesse e inflazione.
 

Non sono tanto i rendimenti dei titoli di stato a provocarmi l’emicrania.
 
Se vedo il grafico delle obbligazioni ad alto rendimento (alto rendimento è uguale ad alto rischio), le cosiddette High Yeld, mi accorgo che un buon 85% di esse hanno un tasso di interesse inferiore all’inflazione.
 

Negli ultimi 20 anni, questo accadeva per una minima parte di tale comparto: ora è la regola.
 
Sostanzialmente, dopo esserti assunto un rischio molto alto, hai l’assoluta garanzia di perdere soldi.
 
La parte del tuo patrimonio investito in obbligazioni, anche se high yeld, perde valore.
 
È il mercato, bellezza, dirai tu: è la ragione per cui il mercato azionario va alle stelle, rischio per rischio, almeno lì rende qualcosa.
 
Mica tanto, bellezza, dico io.

Perché tutto ciò è un non-senso dal punto di vista economico. E tutto questo sta avvenendo da maggio del 2021, data in cui la curva dell’inflazione ha sorpassato quella delle obbligazioni high yeld.
 
È chiaro che tutto questo è una enorme anomalia.

a riconversione ad una maggiore normalità si ottiene in due modi possibili: o l’inflazione si raffredda e anche rapidamente, o i tassi di interesse devono aumentare.
 
Negli Stati Uniti, la FED non ha fatto nulla finora per contenere l’inflazione. Le priorità erano altre, come sappiamo.

Quanto può durare tutto questo? Fino a quanto l’elastico può tirarsi dalla parte dell’alta inflazione, prima che questa esca completamente dalla possibilità di controllo?
 
Supponiamo, ora, che la FED lasci intravvedere un intervento sui tassi molto più aggressivo di quanto non abbia fatto finora.

Improbabile che questo avvenga nella prossima riunione del 15-16 dicembre. Potrebbe essere nella riunione di gennaio, il 25-26, o addirittura in quella di marzo. A febbraio non ve ne sono.
 
Diventa molto vulnerabile il settore tecnologico. 

il settore finanziario degli Stati Uniti potrebbe addirittura beneficiarne, perché il differenziale dei tassi favorisce le banche.

La selettività sui titoli diventa molto più complessa di quanto siamo stati abituati a vedere negli ultimi 3 anni.
 
Il vero rebus è questo: il differenziale tassi/inflazione è così alto che l’intervento sui tassi, per sanarlo, dovrebbe essere molto aggressivo.

Questo è abbastanza impensabile, per le sorti del mercato azionario, che tirato a lucido come è ora, vivrebbe un sensibile pericolo di un forte ridimensionamento.
 
Allora, resta il quesito iniziale: dobbiamo formattarci noi a un nuovo modello, finora sconosciuto? O quello che avverrà sarà la conferma poco piacevole che devono essere i valori a riadeguarsi, in qualche modo, alla realtà?
 
Confesso. Sono confuso.

E non vorrei essere troppo pessimista, mi piace pensare ad un rally natalizio. Ma più oltre, non vado, per ora. Attendiamo il 16 dicembre, per avere la conferma del regalo di Natale da parte della FED.
 
Un modo per non lambiccarsi troppo il cervello, è quello di fare trading sul proprio portafoglio con l’ottimo sistema di opzioni intelligenti di Incassi Costanti.
 
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P.S.: Nei prossimi giorni, dopo la riunione della FED, vedremo come il mercato reagisce.

Quello che abbiamo detto sopra è la punta di un iceberg, che vede sotto molte condizioni occulte, che possono creare grande impatto sul mercato.

Pensiamo alla Cina che invade Taiwan, al vento di instabilità dell’Iran, e di quanti guai possano provocare a tutto il mondo occidentale i terroristi amici dei talebani.

Pensiamo alla strutturale carenza di fornitura di semiconduttori, di cui ancora non si vede l’ipotesi della fine.

Pensiamo alle frizioni USA-Russia e Usa-Cina e ai grandi fenomeni sociale ed economici che hanno sconvolto il mondo dopo la pandemia.
 
Parliamo chiaro a noi stessi. Qualcosa è avvenuto, all’inizio di questi anni venti.

Lo scenario sta cambiando ad una velocità a cui non eravamo preparati e il nuovo scenario non è un ritorno alla normalità ma una nuova normalità. E il problema è capire come è fatta la nuova normalità.
 
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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa

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