Dietro le quinte, ci sono molte cose
Da un po’ di mesi si discute di azioni della tecnologia (“growth”), contro le azioni “value”.
Vediamo qualche numero per orientarci.
Apple, dopo gli earnings, ha spuntato un buon 5%. Alphabet, la mamma di Google, del 10% dopo una presunta delusione delle aspettative (e meno male).
Amazon è balzata del 12%, anche se i numeri dicono che è il successo di una partecipata ad avere contribuito al risultato.
Snap, la società di Snapchat, ha fatto il 62% lo scorso venerdì.
Chi è rimasto al palo, anzi è affondato proprio, è stato Zuckerberg. Che con Meta Platforms, alias Facebook, è precipitato del 25%.
Un tonfo da 250 miliardi di dollari.
Ciò che è accaduto, è che Tim Cook, il CEO di Apple, ha ottenuto la sua vendetta.
Apple, dal 2014, ammoniva gli utenti sull’uso spregiudicato dei dati degli utenti da parte di Facebook.
Perfino la sonnolenta Unione Europea, ora, si è accorta che qualcosa non va nella gestione della privacy di Facebook.
Dopo avere scritto, ormai anni fa, un manualone da 250 pagine sulla privacy (il GDPR), hanno realizzato: Facebook non è in linea con tale manualone. Geniale deduzione, vero?
Apple si è accorta della crescita della sensibilità degli utenti verso la privacy. Non quella dei manualoni, ma quella concreta e vera percepita dai cittadini del mondo.
E così, Apple ha cambiato le sue regole sulla privacy l’anno scorso: l’azienda costringe i produttori di APP a ottenere il permesso degli utenti prima di tracciare i loro dati, mentre vagano online.
Facebook … vive dell’esatto contrario.
E il calo degli utenti è la semplice conseguenza di una percepita maggiore sensibilità degli utenti stessi, dopo avere visto casi clamorosi, quale ad esempio lo scandalo politico conseguente alla gestione abusiva dei dati degli utenti nel caso Cambridge Analytica.
Apple, che ci creda davvero o meno, ha preso una posizione molto forte contro lo sfruttamento dei dati degli utenti. Dice che la privacy è un “diritto umano fondamentale”.
Alla domanda sullo scandalo Cambridge, Cook ha sparato a Zuckerberg, dicendo: “Non mi metterei mai in questa situazione”.
Mancava solo che gli desse dello stupido.
Ora, cominciamo a capire perché Zuckerberg ha cambiato nome al suo Facebook e ha cominciato la sua nuova avventura nel Metaverso. Sta cercando di preparare il cannone per reagire con una nuova battaglia.
Forse, dovevamo aspettarcelo: non si cambia il nome ad un brand che vince. Ad un brand in declino, sì.
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P.S.: Nella sintesi necessaria per uno scritto come questo, ho volutamente trascurato molti dettagli della battaglia fra Tim Cook e Zuckerberg. È ciò che sta dietro le quinte del mercato.
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