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E’ un Maledetto Affare Nostro

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Addizioni e Sottrazioni 

Nel 2007 le principali banche centrali del mondo concordarono un mezzo di interscambio delle loro valute, che permettesse a ciascuna di loro di approvvigionarsi di una valuta vendendone un’altra (in genere la propria).
 
Tale mezzo è costituito normalmente da contratti di swap, quindi a termine: le due banche centrali compravendono due valute differenti con promessa di restituzione e pagamento di un interesse al termine del periodo contrattuale. In genere le valute che vengono compravendute sono quelle emesse dalle banche centrali contraenti.
 
La Banca Nazionale Svizzera, come pure la BCE, utilizza tale meccanismo se deve approvvigionarsi di una certa valuta estera per integrare le proprie riserve, quando non è in grado di soddisfare la domanda interna su quella valuta.
 
Sta accadendo che la Banca
 Nazionale Svizzera sta mostrando di essere in evidente crisi di riserve sul dollaro.
 
Il 6 ottobre scorso, è stato infatti aperto un contratto swap con la Federal Reserve, per la ragguardevole somma di 3,10 miliardi di dollari, con scadenza a 7 giorni e interesse del 3.33%.
 
Per dare un’idea, l’ultima volta che la Banca Nazionale Svizzera ebbe bisogno di una operazione di questo genere per un importo consimile fu nel novembre e dicembre del 2008. Un momento di mercato piuttosto agitato.
 
Dall’epoca, lo strumento è stato attivato molte volte, per importi non molto importanti.
 
Importi più alti, ma non così alti, li troviamo in corrispondenza delle ferie natalizie, quando gli svizzeri vanno in vacanza negli Stati Uniti e chiedono dollari alla loro banca, e la banca li chiede alla Banca Nazionale Svizzera, che soddisfa la richiesta attraverso un contratto di swap con la Federal Reserve, normalmente coincidente con la scadenza del 6 gennaio.
 
Il contratto swap di cui sopra, è scaduto quindi il 13 ottobre.
 
Ma il 13 ottobre, con prenotazione effettuata già dal 10 ottobre, era già pronto un altro contratto swap dell’importo di 6,27 miliardi di dollari, che serviva evidentemente a finanziare l’estinzione dello swap precedente e a rimpinguare ulteriormente di dollari le casse della Banca Nazionale Svizzera.
 
Sul link seguente, se ti piacciono i documenti originali, trovi il report della Federal Reserve di New York relativo a questa ultima operazione: Clicca qui.

Tale contratto, come si vede, scadrà il 20 ottobre.
 
Anche in questo caso per trovare un importo consimile in una singola operazione dobbiamo risalire al 2008.
 
La Banca Nazionale Svizzera ha poi offerto in asta esattamente gli importi dei contratti swap al medesimo tasso di interesse, come risulta dal report ufficiale da essa stessa pubblicato relativo alle aste in dollari. Chi ne ha curiosità può visionarlo sul seguente link: Clicca qui.

Dal report risulterebbero, fra l’altro, numerosi soggetti partecipanti alle due aste: rispettivamente 9 per l’asta da 3.10 miliardi di dollari e 15 per la successiva di 6,27 miliardi di dollari. Erano in tanti ad essersi messi in coda per ottenere dollari.
 
Mettendoci dal punto di vista della Banca Nazionale Svizzera, a fronte di una domanda interna di necessità di approvvigionamento in dollari, essa è dovuta ricorrere alla fonte, cioè alla Banca Centrale che certamente poteva soddisfare tale necessità, cioè alla Federal Reserve. E questo è normale, è il meccanismo stesso messo in funzione nel 2007 che agevola la possibilità di soddisfare tali necessità.
 
Quello che è un po’ meno normale la dimensione improvvisa di tale necessità. Senza alcun commento né da parte FED né da parte svizzera.
 
Acqua corrente, insomma.
 
In passato, ho parlato, alle volte, di Jamie Dimon, presidente di JP Morgan. Nella sua fama di iettatore a tutti i costi (il mercato crea, alle volte, tali spiacevoli, per chi li subisce, pregiudizi) non si sta smentendo, prevedendo, nella sostanza, un crash del mercato di là da venire, legato all’eccessivo incremento di valore del dollaro.
 
A forza di stargli vicino, anche il suo CFO Bob Michele, della divisione Asset Management, quindi divoratore di commissioni, è molto preoccupato, e va dicendo che il prossimo sconvolgimento dei mercati è determinato dallo squilibrio creato dall’eccesso di rialzo del dollaro.
 
Tutte queste cose insieme, a noi non fanno apparire esattamente come acqua corrente le operazioni swap di finanziamento in dollari della Banca Nazionale Svizzera. Anzi, ci sembrano un precedente che potrebbe essere il preludio di qualche cosa di non proprio piacevole. Quando non si sa, ma se il preludio è così …
 
In un nostro articolo di non molti giorni fa, abbiamo parlato della difficile condizione di Credit Suisse (2 ottobre, pubblicato su Borsa Magazine dell’Istituto Svizzero della Borsa). E non ci meraviglierebbe che questa improvvisa necessità di dollari sia in qualche modo legata a tale problematica situazione di Credit Suisse e dei soggetti coinvolti.

 
In contemporanea al nostro articolo, la stampa doppiopettista, abituata ad essere allineata, in quanto finanziata dal gangsterismo sorridente, si è affannata immediatamente a pubblicare interviste rassicuranti di diversi individui molto sorridenti con la faccia da gangster. Consiglieremmo loro di evitare di pubblicare le foto, sarebbero sicuramente più credibili. Alle volte, la vanità gioca brutti scherzi e addirittura genera effetti contrari al desiderato.
 
Noi non vogliamo offendere nessuno, se uno ha la faccia da gangster non è colpa sua, la mamma ci ha messo impegno, come tutte le mamme, ma gli è venuto così.
 
Solo che ci piacerebbe in un’epoca così difficile molta più chiarezza fatta con i numeri e la matematica, con le cifre reali esposte, con i rimedi, con la trasparenza completa e non le dichiarazioni di facciata.

Parliamo di gangster, non per offendere a raffica, ma per far capire che alla prossima crisi finanziaria se ne deriverà che famiglie e risparmiatori escano rovinati o decurtati dei loro risparmi, lo dovremo anche alla carenza strutturale e ricorrente di trasparenza.
 
Vorremmo, ma forse è una utopia, che chi di dovere si prenda la responsabilità e la briga di spiegare, documentare con i numeri, in modo semplice, con le addizioni, le sottrazioni e le moltiplicazioni, possibilmente in colonna, in modo che tutti capiscano. Altrimenti, qualcuno sarà responsabile dello sfacelo, se ci sarà, e se ci sarà quel qualcuno è un gangster. PUNTO.
 
Se poi non ci sarà, e tutto andrà ben Madama la Marchesa, siamo i primi a essere felici.
 
Ci piacerebbe pensare ad un mercato che cresca in modo ordinato, rispettando le posizioni di tutti.
 
Qualcosa di drammaticamente strutturale può avvenire se, per acquistare dollari, ci sarà una vendita massiccia di asset.
 
Significa che gli asset crollano, il dollaro sale e il sistema finanziario mondiale va in malora, significa risparmi bruciati, soldi nel caminetto, bomba immobiliare che scoppia, inflazione alle stelle, povertà diffusa.
 
Non è un affare di altri è un maledetto affare nostro.
 
Ho personalmente vissuto le crisi finanziarie degli ultimi 40 anni.
 
All’Istituto Svizzero della Borsa, abbiamo studiato a fondo quelle della storia, dalla bolla dei tulipani in Olanda, al fallimento della Banca Medici a Firenze, alla crisi e al panico del 1873 (lo sapevi che ha dato origine ad una lunga depressione di quasi due decenni?), alla crisi del 1929, alla seconda guerra mondiale e a quello che ne è venuto dopo.
 
C’è un filo conduttore in tutto questo. Qualcuno poteva spiegare con addizioni e sottrazioni ma non lo ha fatto.
 
Poi, sì, c’è l’avidità umana cattiva consigliera. Ma c’è anche la malafede umana dell’interesse in conflitto. E questo è il problema che va risolto e che le tonnellate di carta che sei obbligato a firmare quando la tua banca ti fa la grazia di una carta di credito non è esattamente il modo giusto per risolvere. Intendo dire: l’enorme mole di burocrazia ha certamente aumentato i costi ma non ha risolto i problemi di trasparenza.
 
Ci siamo dentro, alla metà quasi dei primi sei anni degli anni venti, la coda dell’epoca partita con il 2007 e la crisi finanziaria che ne è poi scaturita nei due anni successivi. Bernanke, poco tempo fa, ha preso il Nobel per l’economia per “avere costruito un modello che salvaguardava le banche del fallimento”: ne sono fallite, oltre Lehman Brothers che basta da sola, circa 2000 durante il suo mandato. Dipende dai punti di vista, in Svezia, dove fa tanto freddo, non si scaldano più di tanto per un paio di mila banche che saltano.
 
Ci sono alcune cose che vanno corrette e che hanno preso il via proprio in quell’epoca. Si chiamano capitalismo finanziario esasperato, privilegio della finanza sull’economia, incapacità del capitalismo di contrastare l’anomala distribuzione della ricchezza.
 
Noi, nel nostro piccolo, dobbiamo rafforzare la nostra Cultura finanziaria e imparare ad utilizzare modelli di trading e di investimento adeguati ai tempi che viviamo.
 
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P.S.: Non c’è livore, ma passione, che è cosa diversa. Non ho reali speranze che il mondo cambi più di tanto a breve termine.
 
Ho molto chiaro, però, la direzione verso la quale dovremmo lavorare. Una Cultura superiore ed indipendente, non corrotta, non subordinata ad alcun interesse. Prima la Cultura, evviva la Cultura. Poi il resto.

Ecco, questo potrebbe essere il modello per rendere la comunicazione, l’educazione finanziaria, la Cultura finanziaria più efficace e trasparente. Questo è quanto ci occorre. Non sorrisi di circostanza, facce fra l’inebetito e l’imbarazzato, o facce come altre parti meno nobili del corpo. Numeri, addizioni, sottrazioni e trasparenza.
 
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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa

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