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Campioni si diventa

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Essere come lei

 

Saginaw è una città del Michigan, in quel Michigan dove Detroit, un tempo, era il centro produttivo, industriale e culturale dell’automobile nel mondo.

La cittadina, oggi, di poco più di 40.000 abitanti, subì tutti gli alti e bassi dell’industrializzazione e deindustrializzazione dell’automotive.

In quel contesto, il 26 settembre del 1981, in epoca ancora relativamente fiorente per l’industria, ma di cui erano già visibili i primi acciacchi, nacque Serena Jameka Williams: destinata a diventare un mito del tennis femminile a livello globale.

Serena, quinta di cinque sorelle, iniziò a giocare a tennis all’età di quattro anni, mostrando rapidamente capacità incredibili. Da subito, era evidente in lei una accanita ricerca della perfezione a qualunque costo.

La famiglia si trasferì ben presto a Compton in California e il padre di Serena, Richard Williams, divenne ben presto il suo allenatore, aiutandola a sviluppare quello che sarebbe stata la sua caratteristica di gioco per tutta la vita: un servizio potente nell’ambito di uno stile di gioco aggressivo.

Il padre vedeva per Serena un futuro radioso nel tennis: e decise di trasferire ancora una volta la famiglia a West Palm Beach in Florida, dove Serena, all’età di nove anni, insieme con le sue sorelle, avrebbe potuto frequentare la Rick Macci Tennis Academy: come dire il tempio della formazione per il tennis.

Fu Rick Macci in prima persona a diventare allenatore e mentore di Serena. Nelle interviste, più volte sottolineò non solo il talento della sua allieva, ma anche il suo profondo senso etico e la dedizione assoluta a raggiungere risultati brillanti.

Nell’ottobre del 1995, poco prima del quattordicesimo compleanno, Serena era già professionista. Nelle prime competizioni, perse al primo turno. Incredibile pensare che Serena, in un’epoca della sua vita, abbia anche perso.

Passarono due anni, Serena arrivò al sedicesimo compleanno. 

 

Insieme con Max Mirnyi partecipò al doppio misto di Wimbledon, battendo in finale nientemeno che Martina Hingis e Stefan Edberg. Ricordo, in Svizzera, lo sgomento che provocò la sconfitta di Martina.

 

Serena era la prima donna afroamericana a vincere un titolo di Wimbledon dai tempi di Althea Gibson nel 1957.

Nello stesso anno, Serena e sua sorella Venus vinsero altri due titoli di doppio di Wimbledon.

Nel 1997, a sedici anni, era considerata la ventesima nel mondo. Ma Serena voleva di più.

Nel 1999, diciotto anni non ancora compiuti, vinse il suo primo titolo di singolare del Grande Slam agli US Open, sconfiggendo, stavolta in one to one, ancora una volta Martina Hingis. E lo sgomento tornò di nuovo nei numerosi fan svizzeri di Martina.

Chi è grande, viene attaccato. E arrivarono accuse infamanti, rivelatesi completamente false, di partite truccate con la complicità del padre. Un infortunio e la perdita degli US Open, a causa di sua sorella Venus, le causarono un temporaneo crollo.

Nel 2002, il ruggito di Serena tornò a farsi sentire e non ce ne fu più per nessuno. 

 

In quell’anno vinse gli Open d’Italia, gli Open di Francia, gli Open di Wimbledon, gli US Open. Gareggiò in Australia dove vinse tutto quello che era possibile vincere. Serena è stata la prima donna a detenere tutti e quattro i titoli del Grande Slam: i suoi sostenitori la acclamarono come “Serena Slam”.

Cominciò un biennio di dolore per la vita personale di Serena, con i genitori che decisero di divorziare e, soprattutto, con la morte violenta di Yatunde Price, sua sorella, che fu uccisa in una sparatoria a Compton nel 2003. Le due sorelle erano legatissime e Yatunde era l’assistente personale di Serena.

Nuove vittorie arrivarono, ma nel 2005, una serie di problemi emotivi trascurati e non curati iniziò a provocare conseguenze negative sulla sua stabilità. E fu l’anno di molte uscite anticipate dai tornei.

Da quell’esperienza, nacque una nuova Serena. La ormai ricchissima Serena decise di prendere una pausa per se stessa. 

 

Nel 2007 organizzò un viaggio di beneficenza in Africa, dove capì quanto fosse fortunata e quanto aveva bisogno di usare la sua immagine pubblica per difendere i diritti delle donne nere di tutto il mondo.

Tornò sul campo, ovviamente per vincere ancora, alle Olimpiadi di Pechino e a innumerevoli tornei successivi.

Ma la rabbia di Serena, che aveva maturato anche nell’esperienza africana, ebbe, per un istante, il sopravvento su di lei: agli US Open del 2009 urlò contro un giudice di linea, lanciando la sua racchetta.

Fu multata ed ebbe due anni di squalifica.

Un’embolia polmonare la colpì nel 2010 e la costrinse ad un altro anno di pausa dai campi da tennis.

Serena continuò, malgrado tutto, ad allenarsi. Alle Olimpiadi di Londra del 2012 vinse due medaglie d’oro.

A 31 anni, Serena Williams è diventata la tennista più anziana ad essere la numero uno nel mondo. A 33 anni, ottenne la sua ventesima vittoria nel Grande Slam.

Il resto della carriera confermò i grandi successi. Nel 2017 mentre era incinta di 8-9 settimane, vinse l’Australian Open. 

 

Qualche mese dopo rivelò di essere incinta, rassicurando i suoi fan che dopo la maternità sarebbe ritornata sui campi da tennis per vincere.

Nell’agosto scorso, con un articolo pubblicato su Vogue, annunciò formalmente il suo ritiro.

Serena Williams è un grande esempio da seguire. La dimostrazione di come evolvere verso il successo con l’impegno: e soprattutto la capacità di sapersi rialzare dopo una caduta, dopo una pausa necessaria, perfino dopo avere subito delle infamie.

Nell’evoluzione della sua vita, l’impegno etico e sociale divenne pian piano prevalente: e dovremmo imparare, tutti, a proporre a noi stessi obiettivi molto più alti di aiuto ai deboli.

La fiducia incrollabile nelle nostre capacità e il desiderio di competere lealmente, per vincere e avere successo: qualche cosa che quando investiamo denaro o facciamo trading dovremmo tenere ben presente.

Sono esempi presi dal mondo reale, che ci sembrano lontani, sfuggenti, irreali. In realtà, dobbiamo essere tutti Serena Williams, quando pretendiamo di battere i mercati.

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Maurizio Monti

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