Fine ottobre, attenti alla turbolenza.
John Kenneth Galbraith è stato uno dei più apprezzati economisti di tutti i tempi.
Canadese di origine, fu naturalizzato statunitense. Negli USA pubblicò la maggior parte dei suoi libri e trascorse buona parte della sua vita. Morì a Boston, il 29 aprile del 2006, all’età di 98 anni.
Galbraith fu un economista “contrarian” rispetto alle tesi capitaliste classiche.
Nei primi anni cinquanta, rese pubbliche le sue profetiche intuizioni sulla trasformazione dell’uomo-cittadino in “consumatore”, riducendo in questo modo la sua dignità solo a quanto sia in grado di consumare in beni e servizi.
Facile pensare come nei successivi turbolenti anni sessanta, la contestazione giovanile utilizzò le tesi di Galbraith come proprio credo ideologico.
Galbraith arrivò a considerare responsabili le grandi Corporation di alterare e distorcere la spontanea evoluzione umana, controllando e condizionando i suoi bisogni.
Questa impostazione, molto contro-corrente in un paese come gli Stati Uniti, non gli impedì di essere consulente di una serie di Presidenti, fino a Bill Clinton.
La sua grande produzione letteraria ha un po’ offuscato uno dei suoi libri più interessanti, “The Great Crash of 1929”, nel quale Galbraith ha evidenziato come l’avidità del capitalismo fosse, in definitiva, la prima causa del male che riesce a fare a se stesso.
Nei primi anni venti, sulla scia del grande sviluppo industriale degli Stati Uniti, e dell’afflusso crescente di denaro in borsa, cominciarono ad andare di moda i Trust di investimento.
Erano la prima versione un po’ primitiva dei fondi comuni odierni: gli investitori dotati di poco capitale e che ritenevano di non avere competenza sufficiente per operare direttamente in borsa, affidavano i loro soldi a detti trust, che investivano i loro soldi in società quotate.
I trust avevano quindi una funzione utile per attrarre capitali di investitori che, altrimenti, non sarebbero confluiti nelle borse.
Nel corso del decennio, i Trust aumentarono gradualmente la propria tendenza speculativa, utilizzando la leva finanziaria, vendendo ad un prezzo superiore le proprie quote, rispetto al valore di mercato dei titoli posseduti.
Galbraith, nel suo libro, ha illustrato il meccanismo di funzionamento di un Trust di questo tipo, nel periodo immediatamente precedente al grande crash del 1929.
L’ipotesi è sviluppata su un Trust di 150 milioni di dollari, con un terzo investito in azioni, un terzo in azioni privilegiate e un terzo in obbligazioni.
Grazie alla leva finanziaria e al grande rialzo dei mercati, le azioni ordinarie avrebbero potuto aumentare di valore del 150%, a fronte di un incremento effettivo del valore dei titoli sottostanti del 50%.
Alcuni Trust investivano anche in quote di altri Trust: la conseguenza era un grande incremento della capacità di fare profitto dalla leva finanziaria, perché quest’ultima moltiplicava i suoi effetti investendo a leva su altri trust che a loro volta investivano a leva sul mercato (se non su ulteriori Trust …).
Galbraith calcola possibili rendimenti, sostanzialmente incorrelati con i valori del sottostante, dell’800-1000 per cento, con questo gioco di leve finanziarie incrociate.
L’ironia suprema la riservava ai casi in cui alcuni Trust investivano in altri Trust, che a loro volta investivano in altri trust.
Questi ultimi avrebbero potuto comprare le quote dei primi, in una sorta di catena che assomigliava più ad uno schema di Ponzi, piuttosto che ad un metodo di investimento.
La leva finanziaria, osserva Galbraith con un filo di ulteriore e compiaciuta ironia, funziona comunque in entrambe le direzioni.
Fu così che Goldman Sachs, nel dicembre del 1928, vendette al pubblico ad un prezzo base di 104 dollari per azione, le quote di un proprio Trust.
Quel 104 era un sorta di prezzo “ask” per l’investitore, rispetto ad un Bid intorno a 100, uno spread da alta volatilità lo definiremmo oggi.
Il Trust nel giro di tre mesi, nel febbraio del 1929, raggiunse i 222 dollari per azione e fu il suo massimo storico. Goldman Sachs utilizzò sfacciatamente la leva, anche cumulandola con quella di altri Trust.
Nel 1933, lo stesso Trust quotava le proprie azioni a 1,75 dollari.
La lezione di Galbraith è grandiosa: l’utilizzo della leva eccessivo, tipico dell’avidità degli investitori, diventa la causa principale di ogni dissesto, di cui gli investitori stessi rimangono vittima.
E l’ammonimento di Galbraith è questo: gli investitori non hanno “colpa” a loro ascrivibile se è il sistema stesso capitalista a fomentare, alimentare e scatenare la loro avidità, per trasformarli poi in ricchi consumatori, piuttosto che in polli da spennare.
L’investitore, nel mondo capitalista, è l’uomo-cittadino consumatore …in finanza il consumo funziona così, ammonisce Galbraith.
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P.S.: In epoca di taglio dei tassi, quando la Federal Reserve e le banche centrali di Europa, Cina, Canada, Nuova Zelanda, Svizzera, Svezia e Regno Unito, tutte insieme, abbassano i tassi di interesse, un’ondata di liquidità globale sta per scatenarsi sul mercato.
Valutazioni esorbitanti e comportamenti ultra-speculativi possono diventare frequenti nel breve periodo.
Alle volte, non è stato infrequente vedere tagli ai tassi e condizioni di indebolimento dell’economia, accompagnate da mercati al ribasso: ma questa volta il mercato sta credendo, per il momento almeno, alla botte piena e alla moglie ubriaca, tassi in calo ed economia in pieno sviluppo, altro che recessione.
Da un punto di vista di più lungo termine (quando si esaminano i grafici nei time-frame mensili ad esempio), in realtà, le condizioni iper-speculative si manifestano spesso nei pressi dei picchi di mercato, che anticipano fasi successive di ribasso che riportano i prezzi alla ragione.
Non sembra essere questo il momento: la liquidità immessa in circolazione nel post-covid, che ha generato l’ondata inflazionistica mondiale, continua a sostenere le borse.
L’Intelligenza Artificiale sta creando nuove prospettive nello sviluppo economico. Il momento critico ironizzato da Galbraith, durante il quale l’avidità presenta il conto dei propri eccessi, sembra lontano nel tempo. Forse, nel periodo 2027-2029.
Nel breve periodo, siamo nel periodo pre-elettorale, la volatilità è alta e tale, sembra, voler restare, anche se, nella stagionalità entriamo ora nella settimana di attenuazione del Vix (salvo, ovviamente, eventi esogeni, geopolitici o altro, che possano intervenire nel frattempo), prima di un possibile picco ulteriore negli ultimi 15 giorni prima delle elezioni.
Attenzione agli ultimi giorni di ottobre, possono essere molto turbolenti (25-29 ottobre).
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Maurizio Monti
Editore
Istituto Svizzero della Borsa