L’equivalente del nostro ministro del tesoro cinese ha parlato: la Cina è indebitata in modo preoccupante, anzi, peggio, i cinesi sono indebitati in modo preoccupante. E per evitare problemi, deve cambiare politica.
Premesso che ogni volta che parliamo di loro, dobbiamo parlare sempre di “cariche equivalenti” alle nostre, perché non si capisce mai bene quale sia la funzione che effettivamente ricopre chi parla a nome del governo cinese. Nelle dittature (perché la Cina è una dittatura comunista, lo sapevate? Travestita da capitalista, immondamente ammessa nel circolo dei capitalisti mondiali per la miopia di questi ultimi, ma dittatura comunista è stata, è e rimane), conta solo chi è al vertice, che può anche comandare che cosa dire ai suoi collaboratori.
Io lo dico da molto tempo e chi mi segue con più attenzione lo sa: io continuo ad essere convinto, e pervicacemente convinto, di due cose: 1) che il più grande errore storico dell’occidente capitalista è quello di avere chiuso gli occhi di fronte al fatto che la Cina è una dittatura e, malgrado questo, di averla ammessa a pieno titolo nel circolo del commercio capitalista. 2) che la Cina imploderà, come destino storico ineluttabile delle dittature comuniste.
Su queste mie due convinzioni spendo qualche parola per spiegarmi meglio.
Il capitalismo è erede storico dell’illuminismo positivista: è l’unica forma economica che ha portato l’uomo ad avere il massimo benessere distribuito sulla maggior quantità possibile di individui a chi l’ha applicato scientemente e con saggezza. Il capitalismo si accompagna alla democrazia, perché ha bisogno di libertà di azione, di pensiero, di parola, di intrapresa. Il capitalismo ha bisogno di libertà: e non solo di libertà economica.
L’errore storico consiste nel fatto che l’ammettere nel circolo capitalista una dittatura (per di più comunista), ha creato un contagio inarrestabile del virus della compressione di libertà. Si è ammesso, cioè, che il delicato equilibrio delle democrazie potesse essere messo in discussione, grazie alla competizione con un modello che nasce per natura più efficace economicamente, perché la dittatura è più rapida della democrazia, perché la dittatura non ha bisogno di garantire diritti individuali e, anzi, può ammettere ed ammette la schiavitù, che costituisce la più grande turbativa economica sistemica al modello capitalista. Gli Stati Uniti, paese che rappresenta il capitalismo nella sua massima espressione, ha sacrificato centinaia di migliaia di valorose vite umane in una guerra civile sanguinosa e devastante, per eliminare la schiavitù, come elemento di perturbazione del proprio modello economico e sociale. Poi, dimentica del sacrificio di quei valorosi, ha ammesso che la Cina utilizzasse i propri schiavi per consentire alla Apple di costruire gli Iphone. Pagheremo caro questo errore, tutto l’Occidente lo pagherà caro, anzi carissimo.
Nel frattempo, lo stiamo pagando con la tacita ammissione che lo stato può ammettere l’esproprio delle tasche dei cittadini, perché incapace di far fronte alla propria indefinita esposizione debitoria. Se la prospettiva con cui confrontarsi è la schiavitù, il messaggio subliminale che passa è di essere pronti a qualsiasi sacrificio. Ci si sente, a giusta ragione, nella parte comunque più fortunata del mondo: mi rubano dalle tasche ma, almeno, ancora, non so per quanto, posso lamentarmi. Siamo disponibili, anche, ad ammettere e concedere uno smisurato potere alle banche centrali, che considerano cosa loro i mercati, luogo, che, invece, dovrebbe essere la patria dell’espressione della libertà economica, finanziaria e sociale.
La Cina comunista imploderà, perché un regime comunista ha un solo destino: quello di implodere, e anche se si tratta di un regime comunista travestito da capitalista, la sostanza non cambia.
Il capitalismo che appoggia sulle democrazie ha, sia pure con tempi a volte lunghi, fattori di autocorrezione e aggiustamento. È ciò che manca alla Cina: quando i quattro grandi eredi di Mao a capo dell’impero sbaglieranno qualche loro valutazione, per incapacità, rigidità mentale, o semplice imbecillità, perché l’uomo a volte è imbecille e le democrazie servono a salvare le nazioni dall’imbecillità dei singoli, quando questo accadrà, la Cina sarà implosa, con conseguenze di portata mondiale: non ultima l’esasperazione della crisi con la Nord Corea che avrà il suo picco proprio in concomitanza con quello che preconizzo essere la grande dèbacle cinese. Il piccolo fratello comunista si sentirà più che mai il paladino della difesa del comunismo e cercherà di immolarsi come compete agli eroi.
Certe analisi cicliche mi inducono anche a tirare a indovinare una data, che è il 2019. Se la crisi porterà al sogno di una Cina democratica, sogno che tale è, ai giorni nostri, allora ben venga la crisi. Temo che così non sarà e rimarrà il sogno per lungo tempo. Se servisse a prendere coscienza di mettere un ideale filo spinato intorno alla Cina, finché non diventi una democrazia, sarebbe addirittura straordinario. Ma sto sognando, troppo, e con i piedi per terra dico, prepariamoci ad una fine decennio che potrebbe essere tutt’altro che tranquilla per il mondo, per i nostri investimenti, per le nostre tasche.
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Maurizio Monti
Editore TRADERS’ Magazine Italia