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La borsa ai tempi di guerra

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Oggi, è questione di secondi.

Nella tranquilla mattina del 24 dicembre 1914, un’atmosfera insolita avvolgeva Wall Street.

La neve copriva le strade e gli alberi erano decorati con luci scintillanti, ma il cuore finanziario del mondo era inquieto. 

Era un giorno di Natale diverso, un giorno che sarebbe rimasto impresso nella storia del trading.

Cinque mesi prima, il mondo era cambiato drasticamente.

In Europa era scoppiata la prima guerra mondiale e, con essa, l’incertezza finanziaria globale.

Il 31 luglio 1914 la Borsa di New York (NYSE) chiuse i battenti, cosa che non accadeva dalla sua fondazione nel 1792. 

Questa chiusura non è stata solo un atto di tutela economica. 

Era una pausa per respirare nel mezzo di un turbine.

I mercati di tutto il mondo erano nel panico e gli investitori scaricavano in massa i loro asset. 

Senza un piano chiaro, la chiusura del mercato sembrava l’unica opzione sensata. 

Per mesi le porte del NYSE rimasero chiuse e le strade normalmente vivaci di Wall Street rimasero silenziose. 

Gli agenti di cambio, abituati al trambusto delle campane di apertura, iniziarono ad analizzare le implicazioni del conflitto e a cercare segnali di speranza.

Nel frattempo, in Europa, i governi iniziarono a intervenire sui mercati finanziari per finanziare i loro sforzi bellici, emettendo obbligazioni e limitando il commercio internazionale. 

Ma negli Stati Uniti, dove il conflitto non ha ancora raggiunto le sue coste, è sorta una domanda persistente: “Per quanto tempo ancora il mercato azionario potrà rimanere chiuso?”.

L’economia statunitense aveva bisogno di dimostrare la propria stabilità e il mondo attendeva segnali di forza dal mercato finanziario più influente.

Poi arrivò dicembre e con esso una decisione che avrebbe cambiato il corso della storia finanziaria.

Il comitato del NYSE ha annunciato che il mercato riaprirà il 24 dicembre, anche se con una limitazione significativa: sarà consentita solo la negoziazione di titoli di stato.

La misura ha cercato di evitare speculazioni incontrollate, ma anche di inviare un chiaro messaggio di fiducia. 

Quella mattina, la riapertura del NYSE non fu né un grande evento né scandita da discorsi cerimoniali.

Tuttavia, gli agenti di cambio che sono tornati ai loro posti lo hanno fatto con un misto di nervosismo e determinazione. 

La campana di apertura ha risuonato con un’eco speciale, come se segnasse l’inizio di qualcosa di più di una semplice giornata di negoziazione.

Sul piano delle contrattazioni i movimenti sono stati cauti ma costanti. I titoli di stato, visti come beni rifugio, hanno trovato rapidamente acquirenti. 

Il clima era di fiducia per una tempesta che si sperava passasse presto.

I prezzi si stabilizzarono poco a poco, cominciando a far emergere una scintilla di ottimismo.

Nel corso della giornata, i corridori, quei personaggi che “correvano” dal banco degli agenti di cambio al recinto alle grida, hanno condiviso storie di speranza e resilienza, alcuni addirittura scambiandosi doni, aggiungendo un tocco umano al viaggio finanziario.

In un periodo di guerra e caos, il mondo aveva bisogno di un assaggio di normalità, di un promemoria che i sistemi economici potevano adattarsi e sopravvivere.

La riapertura del NYSE alla vigilia di Natale del 1914 non solo segnò il ritorno delle contrattazioni: fu un vero atto di fiducia nel futuro. 

Col passare del tempo, la Borsa di New York avrebbe ripreso pienamente le sue operazioni e i mercati finanziari si sarebbero adattati alle nuove realtà di un mondo in guerra.

 

 

Ieri e oggi.
All’epoca, nel 1914, ci vollero mesi.

Dopo l’11 settembre sono stati sufficienti alcuni giorni. Il mercato rimase chiuso 10 giorni e poi riaprì.

I mercati di oggi sono nervosi, impulsivi a decidere, frettolosi. 

Un Powell moderatamente più incerto del solito crea un crollo del 3.5% in due ore sull’S&P500, ma, quel che è molto molto peggio, un aumento vertiginoso della volatilità di quasi 14 punti sul Vix.

La concentrazione su pochi titoli, la negoziazione ossessiva sulle opzioni a brevissimo termine, le reazioni basate sui dati del momento, più che su visioni di insieme sono fenomeni che generano mostri.

Il mondo accelera e la velocità eccessiva non è una buona garanzia per il futuro. 

L’euforia smisurata fa nascere una sorta di senso di colpa che la trasforma rapidamente in isteria da panico. Il Vix è la misura di quella isteria.

 

 

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Sul nostro canale webinar,abbiamo parlato di situazioni difficili da gestire: quando il mercato reagisce in modo impulsivo ed irrazionale ad una crisi di balbuzie di Powell, o a un dato di uno 0.1% di inflazione in più o in meno, facendosi venire le idee di recessione alle porte.

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P.S.: Durante la pausa del 2014, le contrattazioni del Nyse furono chiuse: ma le negoziazioni proseguirono di fatto in mercati secondari non ufficiali.

Le Borse sono necessarie, anche in tempi di guerra.

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