Il dollaro, come misurato dall’indice DXY, è salito dello 0,45% la scorsa settimana fino al livello di 113,25 punti, sostenuto da un aumento dei rendimenti dei Treasury USA a seguito dei dati sull’inflazione migliori del previsto. Mentre l’IPC annuo principale ha rallentato leggermente a settembre, l’indice di riferimento è salito al livello più alto dal 1982, registrando un 6,6%, dal 6,3% di agosto, segno che le pressioni sui prezzi rimangono ostinatamente alte nell’economia.
Con i rischi di inflazione tendenti al rialzo, è probabile che la Fed continui ad anticipare aumenti dei tassi di interesse nei prossimi mesi, anche se il ciclo aggressivo di inasprimento innesca una dolorosa recessione. In effetti, i responsabili politici ora sono meno preoccupati per il profilo di crescita in rapido deterioramento e sembrano dare la priorità alla parte della stabilità dei prezzi del loro mandato.
Nell’attuale contesto, non sarebbe sorprendente se le aspettative per il tasso terminale del FOMC salissero leggermente al di sopra di quelle osservate nel mercato dei futures e i trader iniziassero a escludere più a lungo un orientamento di politica monetaria più restrittivo, escludendo per adesso la “teoria del pivot”. Questo scenario dovrebbe avvantaggiare il dollaro in quanto manterrebbe i rendimenti obbligazionari più elevati, rafforzando nel contempo il “premio di trasporto” della valuta rispetto ai suoi omologhi globali.
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Luis Carlos Marin Pinzon Ingegnere industriale alla “Universidad de América” in Colombia, Senior Trade Analyst con oltre 3 anni di esperienza in operazioni e analisi di mercato. Ha conseguito corsi certificati in Trading Professionale e Trading in Borsa, Gestione e Amministrazione di Portafogli nella Borsa Valori Colombiana (BVC), Principi di Investimento, Fondamenti di ETF, Analisi Tecnica Avanzata nel Gruppo Messicano Stock Exchange (GBM) e Fondamenti di Trading e Strategie Avanzate di Trading presso il Market Traders Institute (MTI). |
