Il 18 novembre 2022, si è tenuto un interessante evento organizzato dall’UCID Milano per parlare di un libro e di alcune tematiche in esso contenute, inerenti, soprattutto, i mezzi dell’informazione. Quali i protagonisti? Marcello Foa, Mario Giordano, Giorgio Gandola e i referenti di UCID Milano.
Marcello Foa è un giornalista e un docente di comunicazione, sia all’Università Cattolica di Milano sia all’Università della Svizzera italiana di Lugano. È stato il Presidente della RAI dal 2018 al 2021, dopo aver diretto il Gruppo Corriere del Ticino in Svizzera. Suoi i libri Gli stregoni della notizia e Gli stregoni della notizia. Atto secondo, rispettivamente, del 2006 e del 2018, oltre a un paio di romanzi, usciti fra i due volumi. Foa ha vinto sette premi di giornalismo e comunicazione.
Mario Giordano è un editorialista e un conduttore, in particolare, del programma televisivo, da lui inventato, Fuori dal coro, sulle reti Mediaset. Ha diretto telegiornali come TG COM 24, Studio Aperto e TG4 e giornali come Il Giornale, fondato da Montanelli, e La Verità, di cui è editorialista.
Giorgio Gandola è un editorialista (La Verità, Panorama). È stato un inviato e il caporedattore de Il Giornale. Ha diretto l’Eco di Bergamo, Bergamo TV e La Provincia di Como, Lecco, Sondrio, Varese e ha scritto 5 libri.
Stefano Devecchi Bellini e Daniele Bracchi sono il presidente e il segretario dell’UCID Milano.
Interviste a Foa, Giordano, Gandola e Devecchi Bellini all’evento UCID Milano del 30/11/22
Sul canale Youtube https://www.youtube.com/@alessandrabasile5875 sono caricati i relativi video di Alessandra Basile, precisamente ai link che seguono:
le 4 videointerviste (estratti): https://www.youtube.com/watch?v=nM3oQ1jmgtw&t=52s ;
la Tavola rotonda UCID (estratto): https://www.youtube.com/watch?v=uWLufVEIPqE&t=256s ;
il video completo (estratto): https://www.youtube.com/watch?v=U4ET77WKUI4 ;
un simpatico momento dell’intervista a Giordano: https://www.youtube.com/watch?v=9qy1tYSWGhg
Seguono le interviste e gli interventi trascritti.
Marcello Foa
F1) Marcello Foa autore de “Il sistema (in)visibile” edito da Guerini e Associati
Nella figura F1 Marcello Foa in un momento della video-intervista sul suo nuovo libro.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Basile: Buonasera dr. Foa, siamo a questa serata per parlare del suo libro e di un tema correlato molto importante: l’informazione e i media, la trasparenza dell’una e l’obiettività degli altri.
Foa: Questa bella serata nasce dal libro che ho scritto, Il sistema (in)visibile. Perché non siamo più padroni del nostro destino, ed è una riflessione sincera articolata della nostra società perché l’impressione di molti è che le cose non tornino più. Prima la società era inclusiva, cresceva, c’era un equilibrio fra i valori e la nostra realtà…
Basile: Quando?
Foa: Fino al crollo del muro di Berlino. Dopodiché, è cambiato il paradigma ed è arrivata la globalizzazione, con la quale è sorta tutta una serie di problemi mai analizzati compiutamente. Nel mio libro, ho ripercorso e ricomposto il puzzle per mostrare al lettore come i vari fattori che sembrano lontani l’uno dall’altro, ricombinati, permettano una lettura realistica e preoccupata della realtà, con, però, una nota di speranza, quella di percepire come lo spirito democratico sia ancora molto vivo all’interno della nostra comunità. La battaglia per continuare a essere liberi, democratici, autentici, sovrani è essenziale, se vogliamo distinguerci, come è stato negli ultimi 70 anni, rispetto alle autocrazie e alle dittature.
Basile: Quando dice ‘la globalizzazione con i suoi effetti negativi’ intende che è stata negativa in assoluto o che è stata positiva, ma ha comportato delle cose che non sono state analizzate bene?
Foa: Più che altro bisogna essere realistici, cioè, se la globalizzazione si fosse limitata a incentivare gli scambi economici fra i paesi, rendendoli più semplici, sarebbe stata positiva: io sono favorevole a questo, perché il commercio da sempre è motore di sviluppo. Il punto è che si è determinato un sistema di potere che ha superato i limiti ragionevoli, andando a inficiare il concetto di democrazia senza, però, mai dichiaralo. Da un lato, gli Stati Uniti, che hanno promosso la globalizzazione, sono andati troppo velocemente, dall’altro gli stessi si sono fatti prendere la mano e hanno dato vita a un sistema basato sulla coincidenza di interessi e questo è un aspetto molto importante. Quando facevo l’inviato speciale, come i miei amici Giorgio Gandola e Mario Giordano, avevo la sensazione di stare sempre nello stesso paese, cioè cambiavano i tratti somatici e qualche piatto al ristorante, ma la società restava simile: simili i negozi, simili le abitudini di vita, simili i problemi sociali e, da lì, è nata in me una riflessione, che è andata ben oltre questa mia prima impressione, e mi ha spinto a scrivere il libro.
Basile: Il libro guida il tema della serata. Che tipo di libro è?
Foa: Non è un libro analitico, bensì ideologico; è scritto, mi auguro, con chiarezza e semplicità allo scopo di fornire elementi nuovi per arrivare a dirsi fra sé “a questi aspetti non avevo mai pensato e, messi assieme, mi danno un quadro nuovo e realistico”.
Basile: Per una visione della realtà, dunque, più critica.
Foa: Disincantata, direi. Disincantata per chi vuole davvero la democrazia. Noi (con riferimento a Giordano e Gandola) usciamo dalla scuola di Indro Montanelli, da Il Giornale, e riteniamo che poter riflettere in maniera critica e costruttiva sul nostro mondo sia fondamentale.
Basile: A proposito, su Il Giornale d’Italia scriveva Benedetto Croce.
Foa: Ecco, appunto, qualche piccolo nome (ridiamo, ndr).
Basile: Grazie mille!
Foa: Grazie.
Mario Giordano
F2) Mario Giordano inventore di “Fuori dal coro” all’evento UCID Milano
Nella figura F2 Mario Giordano in un momento della video-intervista sul libro di Foa.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Basile: Mario Giordano, buonasera. Siamo alla serata UCID per la presentazione del libro di Marcello Foa, perciò le chiedo un contributo sull’argomento, se ha mai partecipato prima alle serate UCID e qualche aggiornamento sulla sua bella trasmissione televisiva Fuori dal coro.
Giordano: Conosco UCID da tanti anni, perché ho iniziato lavorando nei giornali cattolici, però, qui, in Lombardia, è la prima volta che partecipo a una delle loro serate. Sicuramente, quel che stasera è interessante è il tema, perché io credo molto alla libertà di informazione. Stiamo vivendo un momento delicato da questo punto di vista, cioè quanto alla possibilità di essere informati e che arrivino delle informazioni che non siano, come diceva un ex premier in tv, somministrate dall’alto; l’informazione dev’essere libera. Invece, negli ultimi periodi, siamo passati da emergenza a emergenza – emergenza Covid, emergenza guerra, emergenza energetica – che hanno ristretto gli spazi della libera informazione.
C’è un’emergenza che è quella di non mandare il cervello all’ammasso, di non ragionare come ti vogliono far ragionare, continuando a mantenere una pluralità di fonti di informazione. Io dirò delle cose su cui, magari, qualcuno è d’accordo e qualcun altro no, ma vivaddio è questa la nostra forza. Mi preoccupa quando c’è l’indottrinamento: lo abbiamo visto con il Covid e con la guerra, è stato mostruoso! Chiunque dicesse qualcosa fuori dal sentiero non era criticato, ma demonizzato. L’assenza del pensiero altro, del pensiero diverso, è quello che ci deve preoccupare! Il futuro del nostro paese dipende da questa capacità: abbiamo ereditato dai nostri genitori la capacità di pensare con la nostra testa e io vorrei lasciare ai miei figli un paese in cui si continui a pensare con la propria testa.
Basile: Chiunque dicesse o dica qualcosa ‘fuori dal coro’, giusto?
Giordano: Esatto. È difficilissimo dire cose fuori dal coro perché il coro è diventato sempre più opprimente, negli ultimi anni in un modo crescente. Non è più una differenziazione di destra e sinistra, ma fra coro e fuori dal coro. Ben vengano tutte le occasioni in cui ci sia la possibilità di incontrarsi, di parlare, di uscire dal coro, di dire cose fuori dal coro, perché, anche se non si è d’accordo, vivaddio che ci sia un pensiero fuori dal coro!
Basile: Qual è la soluzione? Lei, grazie alla sua trasmissione televisiva, ha la possibilità di farlo, esprimendo le sue opinioni, ma l’uomo di strada come fa?
Giordano: Beh, l’uomo di strada ha tante possibilità di continuare a pensare con la sua testa, informandosi e ragionando. Capisco che sia complicato, ma il compito non riguarda solo chi fa informazione, bensì tutti noi. Oggi, abbiamo tanti mezzi di informazione. Qualcuno dice che così arrivano (anche) le fake news, è vero. Io sono molto preoccupato delle fake news in generale, ma sono ben più preoccupato delle fake news di stato.
Basile: Un esempio?
Giordano: Quando l’ex presidente del consiglio, Mario Draghi, ha detto “chi si vaccina non si contagia”, in una conferenza stampa, quella è stata una fake news di stato. Quando il ministro della salute è andato in Parlamento a dire “chi si vaccina non si contagia”, sapendo di mentire, ha detto una menzogna di stato. Pierpaolo Sileri ha ripetuto la stessa menzogna di stato e non erano stati fatti nemmeno i test. Quindi, stiamo attenti, perché girano tante bufale, ma le tante bufale ci immunizzano dalle bufale di stato, che sono le più pericolose.
Basile: Il punto è avere dei dubbi, non prendere una posizione necessariamente contraria o estremista, giusto?
Giordano: Sì, avere dei dubbi. Farsi delle domande.
Basile: Quando la rivedremo in televisione, prossimamente?
Giordano: Il 10 gennaio 2023. Spero, non si sa mai (ridiamo, ndr). Grazie.
Basile: Speriamo. Grazie a lei!
Giorgio Gandola
F3) Giorgio Gandola mediatore della tavola rotonda all’evento UCID Milano
Nella figura F3 Giorgio Gandola in un momento della video-intervista sul libro di Foa.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Basile: Buonasera dr. Gandola, stasera lei medierà l’interessante dibattito che vedrà in prima linea Foa e Giordano, suoi ex colleghi a Il Giornale. Condurrà la serata sul libro. Quali domande farà?
Gandola: Le domande non le anticipo, ma le posso dire perché il libro mi è piaciuto molto e lo consiglio: il motivo è che risponde a molte domande, a quelle delle persone comuni. Tutti noi, quando all’ora di cena accendiamo la tv, veniamo inondati dalle notizie del telegiornale e ci chiediamo cosa ci sia dietro. Cosa c’è dietro alla guerra? Cosa c’è dietro alla pandemia capace di aver messo in dubbio alcune certezze granitiche della scienza? Ecco, il libro risponde in modo credibile ed esaustivo, perché chi l’ha scritto ha studiato a lungo, ha approfondito le tematiche.
Basile: L’argomento principe qual è? Le tematiche sono tantissime ora, dalla guerra al virus.
Gandola: L’argomento principe, per me, è la linearità, l’obiettività, dei media rispetto a quanto accade. In questo momento, difficile, c’è una superficialità diffusa e, soprattutto, c’è l’inganno di internet, nato come simbolo di libertà, dando al cittadino la possibilità praticamente di essere un giornalista, e poi, invece, trasmettitore di fake news. Siamo costretti a verificare tutto ciò che leggiamo, perché, bombardati da notizie ‘h24’, non riusciamo più a distinguere l’importanza di queste notizie e a fare una scaletta di priorità che, prima, con l’intermediazione dei professionisti, veniva più facile.
Basile: Quindi, stasera, o usciamo con tanti dubbi o usciamo con tante risposte, ma sicuramente arricchiti. Grazie.
Gandola: Con un po’ di risposte e un po’ di dubbi, ma credo saranno di più le risposte. Grazie a lei.
Stefano Devecchi Bellini
F4) Stefano Devecchi Bellini presidente di UCID Milano
Nella figura F4 Stefano Devecchi Bellini in un momento della video-intervista all’evento UCID.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Basile: Stefano, raccontami di UCID e del tuo ruolo al suo interno.
Devecchi Bellini: Sono il presidente di Unione Cristiana Dirigenti Imprenditori e vice presidente del relativo gruppo lombardo. UCID promuove i valori cristiani del fare impresa in modo etico, con attenzione al bene comune e alle classi minori, per genere ed etnia, e per mettere la bussola dei valori davanti alle imprese dei nostri imprenditori.
Basile: Da quanto tempo esiste UCID?
Devecchi Bellini: UCID ha superato i 70 anni di vita. Fu creata dalle famiglie industriali di una volta, fra cui i Falck; ricordiamo il nostro fondatore Alberto Falck. Ha una presenza capillare in ogni regione d’Italia e, a Milano, conta più di 100 soci, tra imprenditori, professionisti e manager d’azienda.
Basile: Stasera, avete organizzato un evento con presenze altolocate del mondo, soprattutto, giornalistico e televisivo.
Devecchi Bellini: Sì. Stasera si terrà un incontro legato all’attualità. Il dr Foa ci illustrerà, con il suo libro, le criticità che vengono vissute dai cittadini oggi. UCID, permeato sui territori milanese e lombardo, vuole avere dubbi, porsi domande, darsi risposte su delle tematiche fortemente attuali.
Basile: Una parola per definire stasera, un aggettivo?
Devecchi Bellini: Utile.
Basile: Grazie, Stefano.
Devecchi Bellini: Grazie a te, Alessandra.
La tavola rotonda UCID Milano, con gli interventi di Marcello Foa e Mario Giordano mediati e coordinati da Giorgio Gandola, introdotti da Devecchi Bellini e Bracchi (UCID Milano)
F5) Daniele Bracchi segretario di UCID Milano
Nella figura F5 Daniele Bracchi in un momento della tavola rotonda sul libro di Marcello Foa.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Dopo un’introduzione del presidente UCID Milano, Stefano Devecchi Bellini, che ricorda le parole di Falck “Il fare impresa, prima di avere un significato professionale, per noi, ne ha uno umano”, la parola passa al segretario della medesima organizzazione, Daniele Bracchi, il quale, in particolare, così si esprime: “Pier Paolo Pasolini, forse l’intellettuale più rilevante che abbiamo avuto nel nostro paese dopo la II Guerra Mondiale, ricordava che “serve ottimismo perché la società liberale è più forte dei tentativi egemonici e totalitari”, con ciò riferendosi al mondo della televisione, che, all’inizio degli anni 70, stava creando una società massificata e omologata, priva dell’indipendenza di pensiero tipica della nostra civiltà, in occidente”.
Ora, Foa si concentra sul “sistema (in)visibile”, come lui lo chiama, costituito dai social media, da una commistione di pubblico e privato, sempre più nascosta e pericolosa, e da un condizionamento del pensiero, che ha raggiunto delle vette, negli ultimi anni, con il politically correct e con la cancel culture[1]. La conclusione del suo libro si rifà proprio a Pasolini: se lui era un ottimista, pensando che la società liberale sarebbe stata più forte, noi, oggi, dobbiamo essere liberali e – aggiungo un mio personale punto di vista – non eccessivamente liberisti, perché ciò contribuirebbe al rischio di una società distopica, intollerante e antiliberale. L’onda del liberalismo, e non del liberismo, deve partire, in particolare, dagli Stati Uniti per arrivare al di là dell’Atlantico. Personalmente, ritengo ci siano degli ottimi segnali di questo, se penso all’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk. Tornare a una società liberale farà sì che il punto di vista dell’altro sia rispettato e che l’individualità del singolo possa continuare, portandoci a un vero mondo multipolare, che dovrà tenere conto delle differenze di altre civiltà e popolazioni, come la Cina o la Russia, che sempre ci saranno e non spetta a noi cercare di eliminare”.
Qualche utile definizione, da Wikipedia. Il liberalismo è una filosofia politica e morale, fondata sul concetto dei diritti inalienabili e il sostegno per le libertà civili elaborata inizialmente tra la fine del XVII e il XVIII secolo. I liberali attribuiscono all’individuo un valore autonomo rispetto a quello dello Stato e intendono limitare l’azione di quest’ultimo. (..) I principi comuni che caratterizzano il liberalismo: libertà di parola, libertà politica, libertà di stampa, libertà religiosa, laicità dello Stato, diritto a un equo processo, consenso del governato, diritti della persona, democrazia liberale, stato di diritto, proprietà privata ed economia di mercato; il liberismo è un sistema economico nel quale lo Stato si limita ad assicurare funzioni pubbliche che non possono essere soddisfatte per iniziativa individuale, a garantire con norme giuridiche la libertà economica e il libero scambio e a offrire beni che non sarebbero prodotti a condizioni di mercato per assenza di incentivi: si tratta di una dottrina economica basata sul principio di Friedrich August Von Hayek, secondo cui «democrazia vuol dire anche libertà economica»; il capitalismo è un sistema economico in cui le imprese e/o i privati cittadini possiedono mezzi di produzione, ricorrendo spesso al lavoro subordinato per la produzione di beni e servizi a partire dalle materie prime lavorate (la c.d. economia di mercato, basata sulla domanda e sull’offerta e contrapposta all’economia pianificata dallo Stato), al fine di generare un profitto attraverso la vendita diretta o indiretta ad acquirenti degli stessi; politicamente, con il termine “capitalismo” ci si riferisce a quegli ordinamenti statuali che pongono il “capitale” (il reddito, la proprietà, ecc.) al centro della tutela costituzionale”.
F6) Marcello Foa all’UCID Milano per il suo libro
Nella figura F6 Marcello Foa in un momento della tavola rotonda mediata da Gandola.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Marcello Foa: “Il mio libro è nato da qualche mal di pancia. Quando facevo l’inviato speciale o ricoprivo ruoli istituzionali, mi rendevo conto che qualcosa non tornava rispetto alla narrazione ufficiale, il che mi ha toccato, sia per la nostra – di Mario, Giorgio e mia – bella professione, quella di distribuire la notizia, sia per come viene regolato il mondo. Quel che manca è la funzione critica della stampa: chi osa uscire un pò dal seminato viene messo nell’angolo, anche quando è molto ragionevole. Per capire davvero il mondo in cui viviamo e quanto esso venga orientato, occorre riscoprire la cultura, osservando dall’alto e ricomponendo i tasselli del puzzle, che sono: la veridicità della nostra democrazia, la reale natura della rete di potere che governa il mondo e, poi, i condizionamenti istituzionali, politici, economici, psicologici, sociologici, mediatici, digitali. Tutti questi tasselli non sono scollegati, essi rispondono a una stessa logica. La splendida economia di mercato, che ci ha consentito, dalla fine della II Guerra Mondiale fino al crollo del muro di Berlino, di far crescere la nostra società, caratterizzata da principii che corrispondevano alla realtà e alla comunicazione, era giusta; poi, quando non c’è stata più la necessità di combattere il comunismo, è iniziata una degenerazione che ci ha portati al mondo di oggi. Io ho messo insieme tutti questi componenti e ne è risultato il libro che ho scritto. Del resto, noi viviamo in un’epoca dove tutto è dichiarato, gli obiettivi dell’élite globalista sono pubblici e reiterati.
Giorgio Gandola: Come si orienta la società?
Marcello Foa: Noi siamo abituati a pensare alla propaganda come propaganda politica, ma esiste anche quella sociale, che è un insieme di tecniche che preparano, nell’arco di 10-15 anni, la società a un cambiamento drastico, persino con un ribaltamento dei valori in essa presenti. I cambiamenti li fai con la radio, la televisione, la moda e così via: goccia dopo goccia, fai crescere una generazione che improvvisamente cambia i valori. Continua a succedere: far usare le bambole ai bambini e far fare la lotta alle bambine, all’asilo, e mettere in testa ai quattordicenni che la sessualità è una loro scelta, significa spingerli tutti in uno stato di disagio personale, il cui impatto sarà colossale nel corso degli anni. Con una propaganda sociale, i cambiamenti si realizzano. Pensando a La Repubblica, La Stampa e a buona parte de Il Corriere della Sera vi chiedo quali sono state le testate più globaliste nel sostenere le attività delle multinazionali in Italia: quelle della sinistra. Com’è possibile che La Repubblica, pur essendo di sinistra, sia diventata liberista al 100%? Esattamente per i meccanismi di condizionamento della società che spiego nel mio libro. Dobbiamo essere consapevoli di queste tecniche. Penso, anche, al cellulare: noi diciamo tutto di noi stessi senza esserne consapevoli, sanno tutto di noi.
Quando riesci a profilare, individualmente e a livello di massa, le persone, riesci a fare degli esperimenti per orientare l’opinione pubblica, proprio come ha fatto Google. Le nostre società sono, dunque, sempre meno frutto di nostre scelte libere e consapevoli. La Silicon Valley – dove c’è un fondo di investimento, interessato, più che a un ritorno economico, alle società con un potenziale di sviluppo del Pentagono – fa accordi costantemente con il Pentagono. Quando c’è stato l’11 settembre, come scrive Susanna Zhukov, che, nel suo libro, lo descrive piuttosto bene, Google e Pentagono hanno iniziato a collaborare nella caccia ai terroristi, con il primo che profilava tutta la popolazione. Oggi, i grandi gruppi collaborano con il Pentagono, ma fino a che punto è giusto che questo accada? Penso alla censura e mi chiedo come sia possibile che essa colpisca solo un certo tipo di opinionisti o siti, con Premi Nobel che dicono cose strane sull’Ucraina o sul Covid e per questo vengono esclusi dai social o ci rimangono con lo shadow banning[2]. Quando questo accade, si pone il problema di fondo relativo alla superiorità del nostro sistema democratico. Ripeto: è tutto dichiarato, come la stessa Zhukov ha scritto. Se andate sul sito della CIA, che si chiama In-Q-Tel[3], c’è scritto che il sito investe in aziende che serviranno a mantenere la solidità della società negli interessi degli americani e dei loro paesi alleati. Siccome è dichiarato, i giornalisti non se ne occupano, senza contare che la maggior parte della stampa, anche internazionale, è incanalata. Mi viene in mente quando la grande stampa americana ha attaccato Trump con il Russiagate ed ha bollato come fake news dei russi la notizia del New York Post uscita contro il figlio di Biden[4], cosa cui è seguito un allineamento di tutti i giornali, a cominciare da Washigton Post, CNN, New York Times, finché quest’ultimo, dopo un anno e mezzo, ha ammesso la veridicità di quella notizia sulle informazioni trovate nel computer incriminato. Allora, che stampa è quella che nasconde notizie gravissime come queste per un vantaggio chiaramente elettorale? In democrazia, dovrebbe esserci una ribellione contro questo, se non ci fossero dei meccanismi di condizionamento sociologico e psicologico. La consapevolezza che esistono questi meccanismi aiuta a difendere la democrazia, con una ritrovata fiducia nelle istituzioni, ed è l’unica cosa temuta da chi ha il controllo, nonché la motivazione che mi ha spinto a scrivere un libro, il quale, come immaginerete, mi procurerà molti ‘amici’ (con una punta d’ironia, ndr).
F7) Mario Giordano all’UCID Milano per il suo libro
Nella figura F7 Mario Giordano in un momento della tavola rotonda mediata da Gandola.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Giorgio Gandola: Oggi, noi media raccontiamo oppure facciamo i furbi oppure è un 50 e 50?
Mario Giordano: Oggi, è bastato che cambiasse la persona a Palazzo Chigi e i giornalisti hanno riscoperto d’improvviso la voglia di far domande, ne sono contento. Mi chiedo solo dove fossero quando c’erano le conferenze stampa di Mario Draghi. Viene esercitata una pressione forte sulla possibilità di pensare con la propria testa. C’è stata, anche, una limitazione della libertà di manifestare: il vicedirettore di Repubblica, Stefano Cappellini, ha detto “non si può permettere alla gente di radunarsi in piazza sennò si radunano quelli scontenti”; eh già, ma forse in Corea del Nord si radunano quelli contenti! Il punto è che sta passando tutto come se fosse normale, non è normale! Per risponderti, quindi, sì, la nostra categoria fa molto la furba. Dalla pandemia in poi, si è cercato più che mai di far passare il pensiero calato dall’alto, mettendo al bando ogni pensiero diverso. Credo che su tutti gli argomenti ognuno possa avere sensibilità e opinioni differenti, ma non deve venirci negata questa libertà.
L’ex presidente del consiglio, Mario Monti, ha detto in tv che l’informazione deve essere somministrata dall’alto e i colleghi in studio l’hanno accettata come fosse una cosa normale, ma non è normale! Dalla Gruber, Severgnini ha detto a Crisanti, che avanzava qualche dubbio sui vaccini ai bambini, “queste cose le dovete dire ai convegni scientifici, non in prima serata”, allora in prima serata va detta la verità ufficiale? Non esiste che io non potessi portare in televisione una persona vaccinata, che stava male dopo essersi fidata della scienza, perché non si poteva mettere in dubbio il dio vaccino. Questo, secondo me, è pericoloso e, di emergenza in emergenza, lo stiamo vedendo come meccanismo che si ripete uguale. È grave che i servizi segreti abbiamo fatto una lista di putiniani sulla base, non di reati commessi, ma dei soli pensieri delle persone così citate, come che armarsi non fosse la strada migliore per ottenere la pace o che, forse, il governo italiano fosse troppo soggetto alla linea degli Stati Uniti d’America.
È successo – si è saputo solo per una fuga di notizie – e nessuno si è ribellato. La nipote di Mattei è finita in suddetta lista per aver dichiarato, in un’intervista, “Draghi, sulla vicenda della guerra, mi sembra troppo appiattito sull’America”. E poi pensiamo al politicamente corretto, che è stato la prova generale di tutto questo meccanismo e ha messo al bando alcune parole e alcune fiabe: il termine “zingara” non si può più dire e io, tutte le volte che incontro la mia amica Iva Zanicchi, la prendo in giro, perché come si fa a cantare “prendi questa mano popolo rom errante”?!; non si possono più raccontare Cappuccetto rosso, perché è sessista, Dumbo, con le sue orecchie a sventola, perché si fa body shaming, La bella addormentata nel bosco, perché, dato che il principe bacia una donna non consenziente, essendo addormentata, è violenza sessuale (ridiamo tutti, ndr); non si può più dire “uomo” o “donna”, bensì “fluido”! In Inghilterra, una terapista che faceva parte di una associazione, ha scritto in un documento che suddetta associazione assisteva le donne partorienti; eh no, si deve dire “persone che partoriscono”, perché possono partorire, anche, gli uomini, seppure non ho ancora capito come ciò possa accadere, mi fa pure paura (risata generale, ndr).
Allora, se mi metto a dire quello che dicono tutti, non è più facile? Magari mi invitano anche dalla Gruber (ironicamente, ndr). Quando torno a casa, un giorno sì e un giorno no, trovo mia moglie con la querela del giorno, anzi, ormai penso che ci sia una relazione fra l’ufficiale giudiziario e mia moglie, perché, quando lui passa, lei c’è e io mai (risata generale, ndr). Capisco benissimo quant’è dura non girare la testa dall’altra parte, però, visto che siamo pure in un ambito cristiano, è un segno di responsabilità. Mi spaventa il pensiero di lasciare ai miei figli un paese nel quale non si possa pensare con la propria testa. Non concediamoci il lusso della rassegnazione, restiamo speranzosi che le cose cambino; se questo non accadrà, almeno non avremo permesso alle cose di cambiare noi che resteremo noi stessi e sarà già un buon risultato.
F8) Il sistema (in)visibile, il libro di Marcello Foa
Nella figura F8 il libro presentato all’evento UCID Milano il 18/11/22.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Conclusione
Non serve tanto una conclusione a tutto quanto detto/scritto, quanto uno spunto: porsi sempre il sacrosanto dubbio, farsi domande per darsi eventuali risposte e guadagnarsi una consapevolezza.
F9) Alessandra Basile e Daniele Bracchi all’evento UCID Milano per il libro di Marcello Foa
Nella figura F9 Alessandra Basile e Daniele Bracchi in una pausa della tavola rotonda UCID.
Fonte: Ph. Alessandra Basile
Alessandra Basile
Attrice e Autrice. Ha collaborato con la Comunicazione Corporate di un’azienda. Ha una formazione in Life coaching (per un periodo ICF) e una laurea in Giurisprudenza. Presiede la Associazione Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, ‘Dolores’, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ha scritto ‘Films on The Road’, un libro sul cinema girato in Italia, edito Geo4Map. Scrive di film e spettacoli teatrali con l’occhio dell’Attrice, il suo primo mestiere, e intervista persone e personaggi, soprattutto del mondo dello spettacolo. Email: Alessandra.Basile@outlook.com Sito web: www.alessandrabasileattrice.com