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Il Vix arrabbiato dell’estate 2024

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I minimi che verranno.

Durante gli otto anni elettorali, da quando esiste il Vix, non si è mai verificata nelperiodo 25 luglio – 18 agosto una accelerazione come quella che abbiamo visto venerdì scorso 2 agosto. E’ un record di periodo, che può anche essere ulteriormente battuto.

La statistica degli anni elettorali è di un Vix discendente in tale periodo.

Come detto in altre occasioni, la storia è molto diversa se consideriamo il 2024 un anno come tutti gli altri e non un anno elettorale.

In questo caso, negli ultimi 15 anni, il Vix è salito 8 volte su 14, con un valore medio del +31% circa dalla chiusura del 25 luglio alla chiusura del 18 agosto.

Il valore di picco è stato quello del 2011, crisi dell’euro proprio coincidente con tale periodo, dove il Vix ha avuto una accelerazione del +120%, con picco intermedio a +148%.

Togliendo il 2011 dalla statistica, nei rimanenti 7 anni, il picco è stato nel 2017 e nel 2019, rispettivamente con valori massimi intermedi del  +70% e del +93%.

La chiusura del Vix al 25 luglio è stata intorno al valore 18.50. La massima estensione del 2017 corrisponderebbe ad un valore di 31.45. La massima estensione del 2019 corrisponderebbe invece a 35.70 .

In entrambi i casi, al 18 agosto la volatilità rientrava su valori più contenuti.

Le zone più ricorrenti per i picchi sono il 5, il 12 e il 16 agosto, date da prendere, come sempre, con la dovuta approssimazione trattandosi di aree temporali.

Volendo equiparare la discesa del mercato dei giorni 1 e 2 agosto a quella del marzo 2023, con il fallimento della Silicon Valley Bank, l’evento simile più vicino, nel lunedì successivo (era il 13 marzo) ad un giovedì-venerdì di grande tensione, ci fu un ri-test del massimo precedente nella sessione americana, con una mattinata del lunedì relativamente più calma.

La volatilità poi rimase alta fino al venerdì successivo con picchi frequenti intraday, ma tendenza al rientro. Nella settimana ancora successiva la volatilità tornò nei valori medi del periodo.

Questo, ovviamente, non significa assolutamente che questa volta sarà uguale, è solo un punto di riferimento di ciò che era avvenuto a quel tempo.

La grande paura del mercato è un crollo devastante, nella consapevolezza che i titoli erano arrivati a valori irreali, soprattutto nel settore tecnologico. E il sentiment di paura crea aumento della volatilità.

Le illusioni, che probabilmente hai sentito in più parti, che la rotazione su altri settori avrebbe compensato l’uscita dai tecnologici, si stanno rivelando tali: appunto, illusioni. Le stesse che erano comparse nell’anno 2000 quando il Nasdaq cominciò a venire giù.

L’accondiscendenza di Powell a rendere il mercato praticamente certo di una riduzione dei tassi in settembre ha poi creato un altro meccanismo rotativo, molto molto peggiore.

Puntare sui derivati dei titoli di stato, specie per chi detiene dosi massicce di sottostante, ora può costituire un buon affare, in vista della riduzione dei tassi e del conseguente aumento dei corsi. Powell ha fornito un buon motivo alle borse per accelerare al ribasso, anticipando certezze che avrebbe dovuto tenere per sé.

Ovviamente, l’interpretazione che viene data è “la paura della recessione” – quella di cui si parla da molto tempo – ma è evidente che si tratta di ben altro.

Maurizio Monti – Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: La grande discesa è iniziata in anticipo. Il mercato contemporaneo brucia i tempi ed anticipa. E’ uno degli eccessi della nostra era.

Entro ottobre, rivedremo 5000 e più sotto sull’S&P500, con la possibile rottura dei minimi del 19 aprile.

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