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La portaerei Gerald Ford dirige verso il Mediterraneo Orientale

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Scenari di guerra e borse.

Il Carrier Strike Group 12 è uno dei quattro gruppi di attacco delle portaerei della Marina degli Stati Uniti.

La portaerei Gerald Ford, considerata la più moderna e mostruosamente efficace delle portaerei degli USA, ha la funzione di nave ammiraglia di comando del gruppo.

Viaggia scortata da incrociatori Ticonderoga, cacciatorpediniere di tipo Arleigh Burke, fra cui Ramage, Thomas Hudner e McFaul. Come dire una potenza di fuoco difficile da descrivere e rappresentare.  

Tutta questa roba sta dirigendo in quella che è diventata la zona di guerra del Medio Oriente, conseguente all’attacco di Hamas allo stato di Israele.   

Forse, più che la potenza di fuoco di questo tipo, contro i gruppi terroristici, conterebbe di più la prevenzione delle intelligence. Cia e Mossad non hanno brillato in questo caso.

Lo scenario mondiale si complica.

Le ripercussioni sulle commodities, oro e petrolio soprattutto, le vedremo presto, anche se il super-dollaro continuerà probabilmente a performare e calmierare la loro possibile potenziale esplosione al rialzo.

L’andamento del dollaro non favorirà le aziende che operano con valute diverse dal dollaro e potrebbe condizionare gli utili in modo significativo. Apple ha già dato un alert in questo senso. Non abbiamo mai fatto mistero che riteniamo il dollaro dover fare ancora parecchia strada.

Dai report del COT, osserviamo che le posizioni short sui titoli americani sono ai massimi storici. Superiori ai livelli raggiunti nel 2018, anno che sicuramente non è da ascrivere fra quelli facili per le borse. 

Il dollaro continua ad essere richiesto, la conversione prevedibile dell’afflusso sul dollaro in titoli di stato, peraltro, non è ancora riuscito a rivitalizzare il loro corso, depresso sempre di più da tassi crescenti.

Secondo logica, ma i mercati non sono logici, dovremmo essere vicino a minimi delle quotazioni, che in presenza di una richiesta crescente di dollari e quindi di titoli americani, dovrebbero tornare a crescere, comprimendo i tassi. Gli analisti, però, dicono che c’è ancora strada da fare per il rialzo dei tassi e la depressione dei corsi.

L’S&P500 è in fase di rimbalzo.

La barra della giornata di giovedì scorso era inside rispetto a quella di mercoledì: la barra è stata rotta prima al ribasso, a ridosso del non farm payroll, e poi al rialzo, dove è andata a chiudere vicino ai massimi.

Il massimo è andata a penetrare l’area del minimo critico a 4350 del 18 agosto, segnando 4354. Poi si è ritirano in chiusura, con l’ultimo prezzo nel dopo-borsa a 4341.

Se le notizie dal fronte di guerra non turberanno immediatamente i mercati, potremmo attenderci un breve prosieguo del rimbalzo, fino a quota 4390/4401, dove collochiamo la resistenza settimanale.

In presenza di tale instabilità, peraltro, è anche possibile che il rimbalzo si sia già concluso, anche se preferiamo la prima ipotesi.

I giorni 10-12 ottobre sono stati da noi annunciati da parecchio tempo come possibile zona di inversione temporale, e riteniamo l’ipotesi più probabile che dopo un massimo nell’area della resistenza, il mercato torni a volgere inesorabilmente al ribasso.

In settimana ci attende il dato sulla inflazione americana, il 12 ottobre, preceduto dai prezzi alla produzione, l’11 ottobre. Giorni che vedranno e saranno preceduti da un probabile aumento di volatilità.

In tale analisi, un solo elemento è assolutamente contrario e ne va tenuto conto: la seconda quindicina di ottobre a livello stagionale è fortemente rialzista. Prendendo a riferimento il time-frame stagionale a 15 anni, dieci anni sono stati positivi e cinque negativi, e la media è di circa +1.69%. Anche in time frame diversi, i risultati sono consimili.

Sempre a livello di stagionalità, siamo in uno dei pattern temporali storicamente più favorevoli agli investitori: il periodo 1 ottobre-2 dicembre è infatti uno dei più profittevoli per una posizione long sull’S&P500, prendendo a riferimento time frame stagionali a 5 , 10, 15 o 25 anni.

Viceversa, l’andamento ciclico è all’opposto. Secondo il nostro metodo algoritmico, siamo entrati in un ciclo bearish partito il 18 agosto, e siamo destinati a minimi decrescenti ancora per un periodo che va da 8 a 15 settimane, a partire dalla settimana entrante. 

Questo significa ribassi probabili almeno fino a tutto novembre, se non di più.

Il target probabile rimane a nostro parere 4077, con probabile tempo intorno all’8-10 novembre.

Peraltro, per perfezionare la data, che potrebbe anche essere posteriore, occorre vedere quanto resisterà la quota intermedia 4216-4202, ovvero 4175-4150.

Potrebbero essere dure da rompere e allungare i tempi per il minimo, creando un po’ di illusione di fine ciclo ribassista.

Torniamo anche a ripetere che l’eventuale rottura del minimo di 4077, quando e se ci arriverà, apre a scenari poco rassicuranti, dove il test di minimi abissali non è da escludere (3707 il minimo più probabile inferiore).

 

 

 

 

 

 

Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: Le borse non reagiscono necessariamente in modo negativo alle guerre. Ma possono subire impatti improvvisi quando nello scenario compare di colpo qualche cosa di imprevedibile, tale da modificare la percezione del mercato da parte degli investitori.

Aspettiamo la volatilità in probabile crescita.

 

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