Ancora la geometria dell’S&P500.
Se prendiamo a riferimento il minimo del 13 ottobre e il massimo del 13 dicembre sull’S&P500, salta all’occhio la grande simmetria delle due grandi ombre disegnate dalle candele di minimo e di massimo.
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Una simmetria significativa, che un tempo avremmo chiamato “false rotture” e che oggi siamo abituati a vedere sempre di più anche nella quotidianità dei movimenti del mercato.
Provando a mettere sul grafico i livelli con i multipli di 12.50%, ti accorgi che la salita ha molte simmetrie particolari, quasi a disegnare i livelli “futuri” in modo predittivo.
Il 13 ottobre, 14 e 17 ottobre valori di apertura e chiusura insistono sul primo segmento del 12.50% del range futuro, ancora in formazione.
Il 18, 19, 20 e 21 ottobre minimi e massimi si incastrano fra il 25% e il 37.50%, mentre il 62.50% diventa il protagonista dei massimi del 28 ottobre e dell’1 novembre.
Dall’11 al 22 novembre è la linea del 75% a contenere i prezzi.
Rotta quella linea, l’1 dicembre i massimi di giornata toccano l’87.50% del range, il livello più critico: massimo a 4110 e chiusura a 4081. Più avanti vediamo perché questi prezzi sono importanti.
I prezzi vengono respinti fino al 62.50% nuovamente, ma è una ricarica che spinge i prezzi fino al massimo relativo recente di 4180 il giorno 13 dicembre, top dell’onda rialzista in corso.
Il 14 dicembre, il massimo di giornata torna a coincidere con l’87.50% di quello che ormai si è trasformato da range “futuro” a “ultimo” range.
Poi torna giù, stazionando a lungo per tutto il periodo natalizio, con un su e giù continuo intorno alla linea del 50% dell’ultimo range.
Il 9 gennaio il mercato riparte al rialzo, dopo che sui minimi a 3788 del 22 dicembre in molti avevano previsto la catastrofe imminente (il consueto 3200-3300 forse 3400 di cui abbiamo sentito parlare e sparlare spesso nelle ultime settimane).
Arriviamo al 27 gennaio, la giornata di venerdì scorso.
Il massimo coincide con quello del giorno 1 dicembre, di cui parlavamo sopra, all’87.50% dell’ultimo range. Con una candela molto simile, massimo 4109 e chiusura 4083 (4110 e 4081 erano i valori dell’1 dicembre).
La chiusura di settimana avviene sulla linea di trend che proviene dai minimi del marzo del 2009, abituale livello di supporto e resistenza, riscontrato più volte.
Dire che il mercato è a una svolta non rende a sufficienza l’idea. È a un bivio fondamentale.
Se il mercato supera i 4180, massimo del 13 dicembre, il sintomo rialzista diventa molto forte, anche se per diventare effettivamente rialzista, il mercato dovrebbe superare i massimi di agosto, ancora relativamente lontani (4327). Quest’ultimo massimo romperebbe l’overbalance in direzione rialzista.
Se il mercato comincia a scendere, l’ipotesi molto ribassista prenderebbe forma al superamento di 3788: che comincia ad essere piuttosto lontano, anch’esso, dai livelli attuali.
Volendo supporre una continuazione rialzista dell’onda partita il 22 dicembre, la proiezione assume il valore stellare di un massimo a 4575 (in non so bene quanti mesi, ma quello sarebbe il punto di arrivo puramente teorico dell’onda in corso, se proseguisse al rialzo).
Un febbraio difficile, peraltro, è nelle previsioni di molti. Il mese parte con la decisione della FED sui tassi di interesse, proprio l’1 febbraio, seguita da quella analoga della BCE il giorno dopo.
In caso di delusione da parte dei mercati per la decisione della FED, è difficile pensare che questa possa causare un’onda d’urto ribassista molto forte, una volta che sia stata esaurita la volatilità del primo impatto.
Più probabile un ritracciamento per poi tornare al rialzo, facendo ripristinare l’abitudine persa da tempo al “buy the dip”. Le date cruciali sono 1-2 febbraio e poi metà febbraio, come punti possibili di inversione, con la consueta approssimazione di tre giorni.
Però, se il rialzo attuale fosse una manovra speculativa per vendere meglio, allora lo scenario ribassista si ripresenterebbe: ma la rottura del minimo del 13 ottobre diventa sempre più improbabile.
Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia
P.S.: Dal 1951, l’andamento del mese di gennaio ha coinciso per più del 70% delle volte con quello dell’anno. E se è vera la statistica sopra, la probabilità di un 2023 positivo è alta.
Parliamo piano, ancora non ci crede nessuno, forse nemmeno noi.
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