Recensione del film straniero vincitore della Palma d’oro a Cannes che correrà agli Oscar 2020
Sono davvero dei parassiti i coreani che si appoggiano in modo furbesco e leggermente malevolo alla ricca famiglia dei Park. Non lo sono subito né con un piano preciso, ma lo diventano man mano; non lo sono per odio o vendetta o per altri sentimenti criticabili dai benpensanti, ma per disperata necessità, visto che vivono a stento in quattro, con un unico sussidio di disoccupazione, in un basement, per usare un termine chic, di una zona povera della loro città, laddove fra i vicini di casa ci sono anche i topi di fogna e agli angoli del loro palazzo, proprio dove affaccia l’unica vera finestra che hanno in casa, gli ubriachi vanno a orinare. Anche i Park sono quattro: i due sposi e i loro 2 figli, ancor più giovani dei Kim, Ki-woo e la sorella Ki-jeong. La figlia dei Park, Da-hye, quando incontra Ki-woo, l’adolescente ‘parassita’ che si finge un tutor d’inglese per sostituirsi all’amico che non può più svolgere quella mansione ed entrare nella ricca famiglia coreana, se ne infatua e ha occhi solo per lui, incurante delle relative lezioni private. Dopo il ragazzo, arrivano in successione mirata e a quel punto pianificata seppure con un goccio di improvvisazione – l’arte di chi deve cavarsela nelle situazioni critiche perché non ha scelta né nulla da perdere – anche: la bella Ki-jeong, nelle vesti convincenti di arteterapista per Da-song, il bambino della coppia ultrabenestante ritenuto dalla mamma un genio della pittura; Kim Ki-taec, il padre famiglia in difficoltà economiche, che si presenta come esperto e raffinato (!?) autista, in sostituzione di quello fisso di Mr. Park licenziato grazie a un escamotage diabolico orchestrato da Ki-jeong; la madre di Ki-woo e Ki-jeong, Chung-sook, che guarda caso è perfetta per curare la casa e abile a cucinare, ma soprattutto tempestiva nella sua entrata in casa, proprio quando la povera governante, da anni assunta dai Park, viene mandata via con accuse, infondate, ancora una volta costruite e rese verosimili a sufficienza dai membri arraffoni e furbacchioni della famigliola di disoccupati. I quattro imbroglioni, che entrano perciò nelle grazie della ricca famiglia Park che si fida di loro quasi ciecamente, fingono di non essersi mai visti né conosciuti fra loro. Tutto procede abbastanza bene per loro, superano le criticità brillantemente, fortificano i rapporti con l’ingenua famiglia ogni giorno di più. Ma, una sera piovosa, l’ex-domestica Moon-gwang si fa viva di nuovo, un angosciante segreto vede la luce, i Park rientrano prima del previsto e così inizia il dramma.
F1) Locandina del film e trailer
La locandina del film “Parasite” di Bong Joon-ho
Fonte: https://pad.mymovies.it/filmclub/2019/03/022/locandina.jpg
Trailer versione originale: www.youtube.com/watch?v=isOGD_7hNIY;
Trailer italiano: www.youtube.com/watch?v=iPOugEDF8tk
Due generi di film per un solo film
Arrotondando, si può dire che: nella prima mezz’ora, il film, drammatico per le tematiche, fa persino ridere; nell’ora che segue, la sensazione è di una commedia noir, sì ironica qui e là, ma anche capace di far riflettere sulla condizione di vita, se quella è vita!, di persone talmente disperate da fingere di essere qualcun altro per un pò di denaro e da trattare il fratello o la sorella o il genitore come se non vi fosse (stato mai) nessun contatto e il risultato è un senso di nausea latente per lo spettatore; nei 20-25 minuti poco prima della fine, il film si trasforma in un horror di tipo splatter: quanto poi accade è imprevedibile per il pubblico; negli ultimi minuti del film, la situazione, a quel punto più che mai complessa, si avvia a risolversi e tutto sommato c’è persino una sorta di lieto fine, ma siamo comunque abbastanza nel mondo dell’assurdo, nel surreale e forse nel simbolismo estremo. Credo che – pur non essendo una tecnica del mestiere, ma solo una attrice con un proprio punto di vista e una certa capacità di analizzare storie e personaggi – sia particolare, in questo film, la sua appartenenza a più generi cinematografici e che, se verrà premiato alla notte degli Oscar, sia auspicabile che ciò accada per la sceneggiatura originale. A tal ultimo proposito, ‘Parasite’ di Bong Joon-ho, autore anche del soggetto, è candidato a 6 premi Oscar, fra i quali due su cui scommetto la conquista: miglior film straniero e il già menzionato migliore sceneggiatura originale.
F2) Due momenti del film e parte delle due famiglie protagoniste
Nelle figure 2a e 2b alcuni degli attori/personaggi delle due famiglie protagoniste del film.
Fonte: https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2019/11/parasite.jpg
Fonte: https://leganerd.com/wp-content/uploads/2019/10/Parasite-2019-Bong-Joon-ho-004-999×666.jpg
Il tema principe
Non mi soffermerò sul tema del film, perché potrebbe essere uno in particolare con mille sfaccettature, ma tutto sommato potrebbe essere uno di altri cinque, in quanto il plot ci fa pensare parecchio alla grande diversità di modus vivendi in una stessa città ed epoca e ci fa sentire da una delle due parti, tendenzialmente quella benestante, perché lo status quo della famiglia Kim è davvero ai limiti e forse chi si trova in certe condizioni non va al cinema (!) e ci fa vedere il mondo viceversa o upside down, come cantava Diana Ross nel lontano 1980. Certamente, se dovessi riassumere con una frase il senso del film, userei una citazione di Suzanne Collins autrice di ‘Catching fire’ (‘La ragazza di fuoco’) del 2009: “That if desperate times call for desperate measures, then I’m free to act as desperately as I wish[1].”
F3) La premiazione a Cannes e il regista Bong Joon-ho con il premio in mano
Le figure 3a e 3b mostrano un momento gioioso della premiazione a Cannes dove il film si è aggiudicato ‘La Palma d’oro’ e un bel primo piano del bravo regista di ‘Parasite’
Fonte:https://images.ladepeche.fr/api/v1/images/view/5ce9a6438fe56f24656f8f55/large/image.jpgFonte: www.tpi.it/app/uploads/2019/05/Cannes-2019-Parasite-del-regista-sudcoreano-Bong-joon-ho-vince-la-Palma-dOro.jpg
Vederlo?
Di sicuro è un film interessante, originale, con un finale totalmente inatteso, è assai ben diretto, considerando che taluni attori del cast attori non sono, ed è ben interpretato da tutti. Non è un film imperdibile né da assicurarsi al cinema, ossia la televisione di casa va benissimo. Ma è un gran bel film e un possibile vincitore di premi importanti e spero sia di ispirazione per il nostro cinema, affinché rischi di più in nome dell’Arte e della sua utilità, anche sociologica. Il mio voto è complessivamente 7/8.
- “Se a mezzi estremi estremi rimedi, allora io sono libero di agire con la disperazione che desidero” ↑
Alessandra Basile
Attrice e Autrice. Inoltre collabora con la Comunicazione corporate di un’azienda. E’ Life Coach ICF e dal 2018 Mediatore giudiziario. Presiede l’Associazione filodrammatica Effort Abvp con la quale ha interpretato e prodotto diversi spettacoli teatrali a tematica sociale, fra i quali una pièce contro la violenza domestica, “Dolores”, della cui versione italiana è co-autrice Siae. Ama scrivere di film, spettacoli e personaggi.
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