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Quanto il mercato pensa alla Terza Guerra Mondiale?

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Il sintomo sull’oro. 

La scorsa settimana i mercati finanziari mondiali ci hanno mostrato comportamenti contrastanti.

Sotto il profilo degli eventi, dopo le alluvioni in Europa avvenute nella settimana precedente, è stata la volta degli Stati Uniti, con l’uragano Helene. Ha colpito la costa est con violenza, causando distruzione e morte, e riportando alla memoria i disastri fatti dall’uragano Katrina.

In contemporanea, sempre nella cosa est, sono scesi in sciopero i lavoratori portuali.

Così, abbiamo appreso che uno sciopero di questo genere sarebbe stato in grado di mettere in ginocchio l’economia statunitense, con gravi ripercussioni sull’economia mondiale. La vertenza sembra per ora risolta, sia pure temporaneamente, ma indubbiamente a tempo di record.

Gli attacchi aerei israeliani, in Medio Oriente, continuavano nel frattempo a falcidiare la leadership di Hezbollah. Questo ha creato una reazione iraniana con qualche fuoco pirotecnico in più di quanto avvenuto nella precedente ondata contro Israele. A quanto sembra, la difesa israeliana al momento dimostra di essere molto più forte dei fuochi d’artificio iraniani.

A sua volta, Israele ha promesso una rappresaglia per smantellare in maniera definitiva Hezbollah e Hamas e, addirittura, lanciando la promessa al popolo iraniano che “presto saranno liberi”. Promessa che, evidentemente, significa una promessa di morte e distruzione dell’intera classe politica del paese. Progetto ambizioso, ma denso di conseguenze potenzialmente molto gravi.

Il mondo si avvicina sempre di più ad un conflitto aperto molto allargato, dove definire questo Terza Guerra Mondiale fa paura dirlo, ma non ci siamo molto lontani.

Negli Stati Uniti, il dibattito dei due vice-presidenti ha dato origine ad opinioni contrapposte su chi avesse vinto.

La vittoria sembrava attribuibile al più spigliato candidato trumpiano, che però ha incespicato, in ultimo, sulla domanda inerente all’accettazione o meno del risultato in caso di vittoria della Harris … non erano evidentemente arrivati ordini dal Grande Capo su tale argomento, e lo spettro dell’attacco a Capitol Hill del 2021 è riemerso.

In definitiva, l’accettazione della regola base della democrazia sembra ancora un fatto sconosciuto a Trump. O vince lui, o è tutto un trucco e allora l’unica possibilità è la rivolta.

I dati macro statunitensi, specialmente il non-farm payroll, molto più positivo delle attese, hanno mostrato la buona salute dell’economia americana e hanno fatto riemergere nella giornata di venerdì una spinta rialzista, dopo una settimana di sostanziale confusione e lateralità.

In Cina il programma di stimolo (o meglio: l’annuncio di un non meglio identificato programma di stimolo, di cui non è noto alcun dettaglio) ha fatto risorgere l’indice SSE del 25% in otto giorni, con sorte analoga per il cugino di Hong Kong HangSeng.

Un annuncio, fatto nello stesso modo, in Europa, avrebbe suscitato, è mia opinione, una reazione addirittura inversa per l’assoluta inconsistenza del “programma”.

Ma la percezione che si ha della Cina è che a una decisione presa segue un fatto concreto e non un fiume di discussioni e questo è bastato a rivalutare di un quarto l’intero comparto azionario cinese.

In un altro mercato, di cui hanno molto beneficiato gli abbonati a Profit Energy, il petrolio ha avuto la consueta reazione alle tensioni belliche mediorientali.

L’Iran produce il 2% del petrolio mondiale, vendendolo alla Cina. La tensione bellica ha fatto schizzare il prezzo del petrolio del 14% rispetto ai minimi dell’anno a 66.33.

L’oro non ha violato il massimo storico della settimana precedente e sembra essere in fase di ritracciamento. Questo coinciderebbe con la visione che abbiamo manifestato nei nostri articoli recenti, riguardo alla stagionalità prevalente ribassista nel mese di ottobre.

Il Bitcoin ha avuto una tendenza simile all’oro: il 27 settembre era su massimi a più mesi a 66.426, ma è sceso giovedì sotto i 60.000 e con i non-farm payroll è rimbalzato a 62.000.

Il Bitcoin potrebbe perfino precedere le borse in nuovi massimi storici entro la fine dell’anno.

Finora, sia l’S&P500 che il Vix si sono comportati come anticipato nei nostri due articoli:

L’S&P500 alla prova di un ottobre infuocato dalle elezioni

e

L’onda lunga del VIX a ottobre

La chiusura settimanale dell’S&P500 a 5800 è indizio di voglia di rompere i massimi, cosa che non escludiamo possa avvenire nei primi giorni della settimana entrante. Per esempio con un lunedì dove viene ritestato il livello 5775 per poi esplodere entro mercoledì oltre il massimo storico).

Nondimeno il periodo 8-14 ottobre potrebbe essere molto turbolento per le borse e vedremo se il massimo del Vix della scorsa settimana terrà oppure verrà violato.

La probabilità di un Vix proiettato ancora di più verso l’alto è salita negli ultimi tre giorni, anche se uno spunto verso nuovi massimi storici tenderà ad attenuarla, almeno temporaneamente, ma non di molto.

La reazione di Israele contro l’Iran può creare agitazione sui mercati, soprattutto reazione di volatilità elevata. La nostra opinione è che non si farà attendere troppo.

Fondamentali le strategie anti-crash e anti-vola per la difesa dalla volatilità, che sono diventate l’accompagnamento costante delle nostre strategie, dopo il 5 agosto. Mala tempora currunt…

 

 

Maurizio Monti

Editore

Traders’ Magazine Italia

 

P.S.: Ci sveglieremo una delle prossime mattine constatando un forte terremoto di volatilità?

Non è impossibile.

Al mercato non interessa la guerra, ma la conseguenza economica. La reazione israeliana non sarà fatta di fuochi d’artificio ma sarà fortemente distruttiva. E capire quanto il mercato sia già assuefatto all’ipotesi di una guerra su ancora più larga scala non è facile stabilirlo.

Il bombardamento di pozzi petroliferi iraniani, di impianti di raffinazione o addirittura dei palazzi del potere potrebbe dare origine ad una reazione forte di volatilità.

Prudenza e remi in barca, limitiamo l’esposizione e teniamo sotto controllo l’esposizione alla volatilità.

 

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