Seconda puntata – La disarticolazione
Nella puntata scorsa (IL SETTIMANALE del 4 novembre), abbiamo parlato del velo uniforme che ha permeato l’umanità dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, nel 1989.
Un velo uniforme, pressochè ininterrotto, che significava la vittoria del capitalismo come sistema economico del mondo intero. Fenomeno, poi, che avrebbe dato origine alla coniazione di quel termine glaciale di globalizzazione, suscitando, all’inizio, un ingenuo entusiasmo da parte di molti: nuovi presunti orizzonti di opportunità, secondo questi molti, si sarebbero presentati sul palcoscenico economico, distribuendo sempre di più ricchezza e sviluppo.
Grandi Imbecilli che ancora oggi non hanno finito di fare danno scrivendo su giornali abituati a scrivere sotto dettatura del potere costituito, vermi pusillanimi che vivono di contributi pubblici perché semplicemente incapaci di costruire qualche cosa che possa stare in piedi con le proprie gambe, parlavano della Cina come grandiosa ed irrinunciabile opportunità. In genere tali Grandi Imbecilli provenivano dal mondo bieco della sinistra italiana cosiddetta progressista, e si esaltavano a pensare a questo Partito Unico Comunista (il loro sogno intramontabile) che si accoppiava con la bestia immonda capitalista, purificandola.
L’imbecillità è peraltro fenomeno trasversale, prescinde dal colore politico. E così, l’euforia bipartizan era la parola d’ordine negli anni immediatamente successivi alla grande affermazione capitalista sul mondo intero.
E’ triste ammetterlo, sono i Grandi Imbecilli a scrivere molte pagine di storia.
Qui vorrei dare una interpretazione, se possibile originale, a talune conseguenze che si verificarono dopo la grande onda iniziale della globalizzazione: conseguenze ancora oggi ben visibili e che saranno i nostri figli ad avere l’onere di dover risolvere.
Quando sull’umanità è calato il velo uniforme del capitalismo, sappiamo che è venuto meno uno degli assi portanti su cui si fonda la filosofia capitalista: è venuta meno la concorrenza al sistema, ciò che una volta fungeva da equilibratore delle scelte capitaliste, dovendo avere a che fare con i concorrenti dell’Impero Comunista. L’umanità non è uniforme.
L’umanità è fatta di diversità. L’umanità è il risultato splendido di una evoluzione naturale e genetica, che ha dato origine a miliardi e miliardi di individui tutti clamorosamente diversi fra loro, pur uguali nel diritto di essere considerati e trattati da uomini liberi ed uguali. Il rispetto della diversità è il principio di base della democrazia, il più perfetto e non rimpiazzabile sistema inventato dall’uomo per governarsi.
La diversità è la gioia dell’uomo di evolversi. È la felicità universale di essere percepiti uguali nel rispetto assoluto dell’essere diversi. Un concetto apparentemente difficile da capire, ma esplosivo una volta che lo si è afferrato: è la base insostituibile della convivenza civile, democratica, dell’equilibrio uno-tutto. La cristianità ha valorizzato, nella sua parte filosofica, questi principi: esaltando il rispetto dell’individuo percepito come uomo all’interno di una comunità, come uguale fra tanti, e legittimamente diverso da tutti.
Il velo impietoso di un capitalismo calato inaspettatamente e senza colpo ferire sull’umanità intera, con la conseguenza terribilmente globalizzante che ne è derivata, ha tentato la brutale uniformazione dell’uomo, sopprimendo il suo valore più autentico di diversità da tutti. Il modello cinese di un miliardo di automi-uomo, con due domeniche libere ogni mese e 16 ore al giorno di lavoro è l’emblema di tale spettro, calato sull’umanità. Ebbro di gioia della vittoria, il capitalismo, invece che essere il sistema economico della democrazia, e del rispetto della diversità individuale, diventava lo sponsor del nuovo schiavismo, della soppressione della diversità, ergendo a vincente un nuovo modello di sviluppo, insensato ed illogico se proiettato nel medio e lungo termine, anche se apparentemente lucrativo nel breve.
È in questa epoca che vengono tentate le operazioni più ardite di fusione e concentrazione dei poteri politici ed economici. L’Unione Europea nasce in quest’epoca, nasce l’idea dell’Euro, l’Europa si sente piccola e frammentata rispetto a questo gigantesco velo uniforme calato sull’umanità. I Grandi Imbecilli sostengono l’idea di fare porzioni di velo sempre più grandi per essere competitivi, per reggere alla dinamica globalizzante.
I Padri dell’Europa, invece che inventare un sistema ordinato volto a garantire la pace nella diversità, assumono a modello, di fatto, il modello del Partito Unico: tutto ridotto all’unità, una gigantesca unica mostruosa burocrazia fatta di nominati, possibilmente incompetenti e protervi, che sovrasti il potere politico, ridotto a puro formalismo, e prenda ordini dai grandi gruppi che detengono il potere economico. Il capitalismo non si accontenta più di essere sistema economico al servizio delle democrazie. No, constatata la profittabilità dello schiavismo cinese, progetta diabolicamente uno schiavismo subdolo e invisibile, un Partito Unico imperante non dichiarato e parallelo al potere politico, capace di condizionarlo pesantemente, di asservirlo senza scampo.
Di lì, le scelte di disarticolazione. I cittadini reagiscono. La Scozia vuole l’indipendenza dal Regno Unito, la Catalogna dalla Spagna, il nord leghista lombardo e il nordest veneto dall’Italia. I cittadini chiedono a gran voce di poter contare qualche cosa, di tornare ad identificarsi con la comunità con la quale si riconoscono e non con quell’oppressivo velo uniforme che sovrasta il mondo intero.
E parleremo ancora, di disarticolazione, nel prossimo numero.
Per ora il mio consueto ringraziamento al Pubblico di TRADERS’ Magazine Italia per il continuo sostegno!
Maurizio Monti
Editore TRADERS’ Magazine Italia