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Rimbalzo o Inversione?

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Un grave problema al momento senza soluzione.

Chi ci segue costantemente sa che ci aspettavamo, nella seconda quindicina di marzo e per almeno parte del mese di aprile, un possibile recupero del terreno perduto da parte dei mercati.

Gli scenari possibili sono tre:

1) il rialzo iniziato in questa settimana è solo un piccolo rimbalzo, che non è destinato a superare le resistenze critiche e avrà una vita molto breve.
2) Oppure, si tratta di qualcosa più di un rimbalzo e gli indici tornano in direzione dei massimi, superando i due terzi o più della discesa.
3) Infine, siamo tornati in trend rialzista.

Nella nostra previsione, avevamo messo in conto una possibile anticipazione da parte del mercato dell’esito positivo di una negoziazione fra Russia ed Ucraina: cosa che sta avvenendo ed è alla base del recupero in corso.

Nella nostra visione, temiamo molto che ad un esito della negoziazione ci si arrivi, ma che venga messo in discussione successivamente, con un possibile ritorno o minaccia forte di ritorno alle ostilità.

In conseguenza di questo prediligiamo il secondo scenario con un recupero anche molto forte dei mercati, destinato a diventare una sorta di occasione perduta, entro le prossime quattro-otto settimane. Dopo questo periodo, in tale scenario, si tornerebbe a scendere.

Al di là della guerra, il mondo, dopo il 24 febbraio, non è più lo stesso e la crescita economica mondiale è messa in seria discussione.

Il petrolio ha toccato un livello di prezzo che non si vedeva dal 2008.

La Russia è uno dei maggiori esportatori mondiali di petrolio e gas, ma le raffinerie e i commercianti di tutto il mondo intenderebbero smettere di acquistare petrolio russo.

Nel frattempo, il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati nella NATO stanno pensando, al momento con poche soluzioni, a come attuare il blocco di tutti gli acquisti di petrolio russo.

Tuttavia, secondo Reuters, solo il 10% circa delle esportazioni di petrolio della Russia è stato colpito.

Nel discorso sullo stato dell’Unione, l’ 1 marzo scorso, il presidente USA Joseph Biden ha annunciato che gli Stati Uniti rilasceranno 30 milioni di barili di petrolio dalle riserve strategiche del governo per contribuire a frenare l’aumento dei prezzi alla pompa, mentre altre 30 nazioni si sono impegnate a rilasciare ulteriori 30 milioni di barili dalle proprie riserve strategiche.

Ma ciò equivaleva a circa 12 giorni di esportazioni petrolifere russe e non ha avuto alcun impatto percepibile sull’aumento dei prezzi del petrolio.

Il livello di prezzo di 106 dollari al barile è considerato come il limite oltre il quale il clima dell’economia europea diventa recessivo e l’economia degli Stati Uniti va in bilico. La Fed di Atlanta prevede ora una crescita del PIL degli USA dello zero per cento nel primo trimestre .

Il rendimento dei buoni del Tesoro americani a 10 anni è diminuito negli ultimi giorni, perché gli investitori cercano il debito degli Stati Uniti.

Questo ha sicuramente contribuito al lievissimo aumento dei tassi deciso dalla FED mercoledì sera, di solo lo 0.25%, come peraltro noi avevamo previsto e dichiarato pubblicamente nella trasmissione dove eravamo ospiti de LeFontiTV nel pomeriggio dello stesso giorno.

Malgrado tutto l’inflazione è quella che è e Powell è stato molto chiaro ad annunciare sei ritocchi dei tassi nelle prossime sei riunioni della FED: se anche fossero solo dello 0.25% ciascuno, si aggiungerebbero gradualmente 150 punti base ai 50 esistenti. Cioè tassi del 2%, che ci sembrano comunque molto bassi e ci fanno dire che probabilmente non ci sarà soltanto uno 0.25% in tutti e sei gli interventi.

Nel contempo, mentre la pandemia sembra scemare le sue conseguente in Europa e negli Stati Uniti, in Cina e Hong Kong essa sta tornando a mettere in ginocchio intere zone e comparti economici molto delicati, in un contesto di ritardo delle forniture già in atto da tempo, e complicato ulteriormente dalla interruzione dei rapporti del mondo occidentale con la Russia, e, parzialmente, dalla almeno temporanea esclusione dell’Ucraina dalla scena del commercio europeo.

In questo scenario, che innesca problemi e non individua soluzioni, è molto difficile che le borse tornino a performare più di tanto durante questo anno. Non significa non ci siano occasioni di trading o di investimento, ma in un contesto più complesso di quello che abbiamo vissuto nel 2021.

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P.S.: Non è stato granché sottolineato dalla pavida stampa italiana, ma Putin ha minacciato esplicitamente la Bosnia Erzegovina di un trattamento simile all’Ucraina in caso di reiterazione della sua possibile volontà di entrare nella Nato.

Mi aspetto qualche mossa anche verso il Sud America, che, per gli errori del passato fatti dagli Stati Uniti, ammicca alla Russia.

Il problema è molto molto più grande di un conflitto russo-ucraino.

Si tratta di fermare la ritornata espansione imperialista della Russia, in contrasto alla Nato.

Se la Russia non viene fermata non andrà a finire bene per nessuno. Le democrazie devono decidere se vogliono continuare ad esistere oppure no: per fermare la Russia dobbiamo con certezza finire di finanziarla, e finanziare le sue guerre presenti e future, con 800 milioni di dollari al giorno per le sue forniture. E siamo di nuovo al problema di cui sopra, al momento senza soluzione.

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