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Scioperi nel settore auto: come ai bei tempi…

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Timing perfetto. 

I lavoratori americani del settore auto, guidati dai loro rispettivi sindacati, hanno riportato in vita un loro antico diritto che sembravano avere dimenticato di avere.

Sto parlando del diritto di sciopero: e 13.000 di loro sono ora in sciopero.

Nei momenti critici per l’economia, i sindacati hanno spesso vinto molte battaglie. Almeno, poi, quante guerre successivamente, alle volte, hanno perduto.

I piloti delle compagnie aeree americane, nel post-covid che ancora viviamo, con grande scarsità di lavoratori disponibili nella categoria, hanno ottenuto aumenti medi del 40%.

I lavoratori dei trasporti hanno ottenuto aumenti di paga significativi: storico l’accordo della UPS, che vede per i propri autisti un aumento in 5 anni di circa 170.000 dollari l’anno.

Cifre che provocano l’uscita degli occhi dalle orbite per i rispettivi lavoratori europei e, soprattutto, italiani.

Da tutto questo, nasce una forte pressione sui sindacati (UAW, United Auto Workers) del settore auto.

Il segnale forte da parte dei lavoratori è: andate e non tornate a casa se non con risultati adeguati.

Durante la crisi del Covid è stato stampato denaro a pioggia. Questo ha di fatto indebolito le lotte sindacali, ricevere denaro gratis fa perdere competitività a chiedere denaro per il proprio lavoro.

La stampa di moneta ha aumentato la domanda di beni: così, per primi, sono stati i sindacati dei trasporti, al momento della ripresa, a beneficiare di un maggiore potere negoziale acquisito grazie al collo di bottiglia creatosi.

Negli anni Settanta furono questi fenomeni ad innescare la spirale salari-prezzi, da cui uscire fu lungo e difficile.

Il Sindacato UAW ha scelto di iniziare scioperando con una piccola quota di lavoratori, 13.000 come detto sopra, con la minaccia di poter aumentare gli interventi.

Il sindacato ha accumulato soldi per il fondo di indennizzo degli scioperi che permette loro una lunga resistenza, mentre le tre principali aziende General Motors, Ford e Stellantis rischieranno miliardi di dollari di fatturato.

La progressiva perdita di competitività dell’industria manufatturiera americana nel settore auto rende la battaglia un’arma a doppia lama.

Dal 2008 in poi, l’industria degli Stati Uniti è stata sostenuta da tagli fiscali, sussidi e tassi di interesse ai minimi e questo ha salvato una parte dell’occupazione.

Ora l’inflazione ha complicato molto le cose, e la perdita di competitività rischia di costringere le case automobilistiche a riorganizzazioni industriali complesse, decentrando ancora di più la produzione in paesi a basso costo di manodopera.

E’ significativo che la Tesla paghi i suoi lavoratori circa il 25% in meno della media del settore e, per questa ragione, i sindacati chiedono aumenti sull’ordine del 40%.

Lo sciopero e gli inevitabili aumenti salariali saranno un altro grattacapo inflattivo di cui la FED dovrà tenere conto.

Nel frattempo, sembra sempre più evidente che il passaggio alle auto elettriche vedrà il decentramento sempre più spinto della produzione fuori degli Stati Uniti o in aree dove la giurisdizione del lavoro è più favorevole alle imprese, come il Texas.

Venerdì scorso, il mercato era alle prese con la notizia degli scioperi (oltreché con il taglio della produzione e il conseguente picco del petrolio, ma è un’altra storia) e non ha reagito bene.

C’è stato qualche sintomo di aumento di tensione, anche qualche ritocco sui margini richiesti dai broker nel weekend.

Sull’S&P500 il supporto 4500, future di dicembre, ha tenuto, ma la chiusura è stata a ridosso del minimo, che farebbe presagire di cercare un supporto più in basso.

Se ancora terrà la tendenza rialzista, a 4450-4460 c’è l’ultima trend line con i minimi del 18, 25 agosto e 7 settembre, che può fornire un supporto da ripartenza.

Il massimo della scorsa settimana a 4566 era al 75% dell’ultimo range, e noi lo attendevamo un po’ più su, all’87.50%, intorno a 4600. E’ ancora il nostro prezzo target: se non lo è, il declino è già iniziato.

Domani, sentiremo che cosa ne pensa la FED.  

 

 

 

 

 

 

Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia

P.S.: La stagionalità dell’ultima parte di settembre è fortemente negativa, con strascichi fino alla prima decade di ottobre.

La lettura del mercato appare ora quanto meno controversa: siamo in una fase fortemente laterale da cui il mercato deve dirci dove vuole uscire e nelle ultime due settimane ha fatto di tutto per smentire ciò che sembrava essere il giorno precedente.

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