Il picco della paura.
Da quegli inguaribili curiosi che siamo, indovina che cosa abbiamo scoperto nei bilanci della fallita Silicon Valley Bank?
Tu penserai: un mare di titoli di stato americani, sì certo, anche quelli, ma quello lo sapevamo.
Quello che invece ci ha lasciato frozen, come ci ha detto la fonte americana che ce lo ha fatto osservare, è che nel portafoglio ci sono 50 miliardi di dollari di titoli MBS: ovvero titoli garantiti da mutui, la versione moderna, aggiornata e ripulita dei subprime dell’epoca 2007-2009.
Pensa un po’, senza l’intervento della FED. Sul mercato sarebbero affluiti 50 miliardi di MBS, grazie al cielo non molti, ma appena il mercato lo avesse recepito, pensa ad un effetto domino di vendita a catena di MBS… e di coinvolgimento delle banche che hanno erogato quei mutui.
Gli americani non perdono mai i propri vizi, nemmeno i più terribili e scellerati.
Da uno studio di Goldman Sachs, abbiamo appreso che le banche piccole e medie americane hanno le seguenti quote di mercato del credito nei vari settori economici:
– 80% dei prestiti alle aziende del settore edilizio
– 50% dei prestiti nel settore commerciale e industriale
– 60% dei mutui
– 45% dei prestiti al consumo (carte di credito)
Alcuni giorni fa citavamo la nostra tesi sui venditori di cocomeri, ascrivendo Powell a uno di questi.
Se la nostra ipotesi di riconduzione del sistema bancario americano ad un oligopolio di banche sistemiche e alla eliminazione graduale delle piccole banche fosse vera, la crisi che ne deriverebbe nel settore immobiliare e del credito implicherebbe una recessione terrificante.
Le riuscite a vedere Jp Morgan o Goldman Sachs che si mettono a negoziare il mutuo per l’acquisto di un negozio ad un piccolo commerciante? O il credito di costruzione ad un piccolo imprenditore edile?
Ci sono scenari inquietanti dietro queste ipotesi.
Nel frattempo, le prime toppe alle scuciture del sistema finanziario sono state già apportate: la FED sta finanziando le banche e nuovo liquido affluisce per salvarle e ricoprire i buchi.
Tale processo non può fermarsi nel breve termine: contro tutte le opinioni in circolazione, noi diciamo che le borse saliranno a seguito di tali interventi. Almeno fino a maggio.
Il minimo del 13 marzo, cinque mesi dopo quello del 13 ottobre e tre mesi dopo il massimo del 13 dicembre, potrebbe rivelarsi essere il minimo di ripartenza.
Questa settimana è ancora a forte rischio e la situazione può cambiare in modo molto rapido ed imprevedibile: ma superato lo scoglio della conferenza FED, il segnale di pronti a ripartire potrebbe scattare presto, certamente più presto di quanto ci si aspetti.
Il primo livello critico dell’S&P500 è 4006. Poi 4080. Sicuramente i dietrofront su questi due livelli possono essere anche poderosi, ma se la FED torna ad alimentare le banche, dubbi non ce ne sono, la droga tornerà ad inebriare di gioia i mercati.
E’ presto per dirlo, sicuramente. Non ci sono segnali concreti, ancora, se non un lunedì di relativo ottimismo. Ma la via è tracciata. Questa è la nostra opinione.
Maurizio Monti
Editore Traders’ Magazine Italia
P.S.: Il massimo della paura è raggiunto? Questo non è detto, c’è una fila di banche americane che attendono la loro brava bancarotta. Ma la Fed sta già ricomprando i loro titoli… alla pari, e come potrebbe fare altrimenti?
Il quesito è quello che ci poniamo da tempo: in passato siamo usciti da crisi inflattive, recessioni, depressioni, stagflazioni.
Ora, abbiamo una inflazione dopo una ondata di liquidità incredibile durata 13 anni. Come si esce da questa situazione, inedita, unica nella storia, non lo sa ancora nessuno.
Quindi, si naviga a vista. Forse qualche venditore di cocomeri il suo piano ce l’ha. Ma se è quello, sarà molto dura per tutti sopravvivere e quello che ci aspetta di qui a un paio d’anni non sarà piacevole.
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