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Tempi di Guerra e Mercati in Bilico

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Profittevole e Prudente.

Nell’articolo pubblicato poco dopo la mezzanotte di domenica scorsa, sulla rubrica Borsa Magazine del sito dell’Istituto Svizzero della Borsa, con titolo “La portaerei Gerald Ford dirige verso il Mediterraneo Orientale”, avevamo scritto:

“Se le notizie dal fronte di guerra non turberanno immediatamente i mercati, potremmo attenderci un breve prosieguo del rimbalzo, fino a quota 4390/4401, dove collochiamo la resistenza settimanale. 

In presenza di tale instabilità, peraltro, è anche possibile che il rimbalzo si sia già concluso, anche se preferiamo la prima ipotesi. 

I giorni 10-12 ottobre sono stati da noi annunciati da parecchio tempo come possibile zona di inversione temporale, e riteniamo l’ipotesi più probabile che dopo un massimo nell’area della resistenza, il mercato torni a volgere inesorabilmente al ribasso.”

Nel contempo, mettevamo in guardia dalla stagionalità molto positiva della seconda parte di ottobre, identificata da molti sistemi come punto ottimale di ingresso verso il presunto rally di fine anno: dato statistico, questo, in netto contrasto con la previsione dei nostri algoritmi.

Nella giornata di ieri, il future dell’S&P500 ha toccato il suo massimo intraday durante la sessione di negoziazione americana a 4419, ma il viaggio sopra 4400 è stato short live, e le vendite hanno preso il sopravvento, riportando il future sotto tale livello.

Il prezzo ha stazionato a lungo a 4399, per poi scendere ancora di una decina di punti, a confermare la resistenza individuata in quell’area. 

Ora ci aspettano due giorni di dati critici molto importanti, con i prezzi alla produzione, nella giornata di oggi e i prezzi al consumo nella domani.

L’inflazione è prevista in leggera contrazione dal 3.7% di agosto al 3.6%, con un aumento dello 0,3% su base mensile.

L’inflazione “core”, dato che la FED dovrebbe tenere in maggiore evidenza, è prevista anch’essa in contrazione dal 4.3% al 4.1%, con un incremento su base mensile dello 0.3%. 

In realtà, la strada intrapresa continua ad apparire giusta, nondimeno con l’obiettivo finale del 2% ancora lontano. 

L’obiettivo di inflazione al 2%, significa, da un punto di vista puramente numerico, che i valori mensili di incremento scendano a valori oscillanti fra 0.1% e 0.2%: come si sono verificati nei mesi di giugno e luglio. 

Volendo interpretare le scelte restrittive annunciate dalla FED, le stesse che hanno deluso le aspettative del mercato, rileviamo che le previsioni della FED per l’anno in corso sono per una inflazione core al 3.7% per l’anno in corso e al 2.6% per il 2024. 

Mentre il primo obiettivo è a portata di mano, il secondo pare difficile da essere raggiunto: richiederebbe una inflazione core mensile dello 0.2%, mentre ora è allo 0.3%.

La situazione internazionale è tutta rivolta a generare picchi inflattivi, piuttosto che a favorire il processo inverso. 

Il prezzo del petrolio è la vera incognita dei prossimi mesi: l’ipotetico accordo Arabia Saudita-Israele aveva favorito una tendenza temporanea di discesa del prezzo, che ora rischia di venire negata dall’attacco a Israele da parte di Hamas. 

L’evidente, anche se non ancora dichiarato, coinvolgimento dell’Iran come stato fiancheggiatore di Hamas potrebbe portare a gravi perturbazioni sul mercato del greggio. 

Gli Stati Uniti stanno vivendo una crisi di manodopera, che induce rialzo dei salari. Molte aziende portano di nuovo la produzione all’interno dei confini nazionali e ricercano manodopera che non c’è. 

Questo, unitamente agli scioperi, crea una naturale tensione sui salari, che tenderanno ad aumentare, alimentando inevitabilmente la spirale inflazionistica. 

Alcune valutazioni forniscono ipotesi di accordi salariali per le tre grandi case automobilistiche statunitensi con aumenti del 40%. 

Un incremento di questo genere indurrebbe ulteriori scioperi in altri settori e conseguente tensione ulteriore sui salari e quindi sull’inflazione. 

Continuano, nel frattempo, le manovre militari della Cina di accerchiamento di Taiwan. 

Certamente, sarebbe anche un momento buono per la Cina, tenuto conto di quanto una serie di fattori concomitanti, guerra in Ucraina, guerra d’Israele, fa decrescere l’attenzione occidentale su Taiwan.

Lo scenario sia di breve che di medio termine è quindi molto delicato.

Non è molto frequente una netta divergenza, così significativa, fra stagionalità e previsioni algoritmiche. Questo potrebbe indicare una possibile tendenza all’incertezza e alla lateralità per un po’, prima che il mercato decida la direzione da prendere.

Fino a prova contraria, riteniamo la previsione ribassista, con target a 4077 a novembre come lo scenario più probabile: nondimeno, senza neanche avere testato 4200, questa valutazione risulta ancora prematura. 

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Maurizio Monti

  Editore Istituto Svizzero della Borsa

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