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Tregua o isteria?

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Il supporto del dollar index.

Nella giornata di venerdì, il Dow Jones ha chiuso con il più alto rialzo intraday dal giugno scorso. Oltre 700 punti di guadagno.

Il mercato ha dimostrato di essere in una fase di confusa fibrillazione, ondeggiando fra una ipersensibilità ai dati numerici e rumor incontrollabili.

In un interessante commento audio, Paul Donovan, economista inglese, si chiedeva, proprio venerdì mattina, se tale condizione del mercato non sia stata in qualche modo trasmessa da una FED che non dichiara ancora se vorrà spremere lavoratori o profitti per combattere l’inflazione.

Questa mancanza di chiarezza su una linea definita, avrebbe creato un desiderio disperato del mercato di muoversi sulla base di notizie (i numeri, più o meno certi) o presunte interpretazioni di frasi e mezze frasi che alimentano i rumor di cui sopra.

Nel mondo, le divergenze intermarket sono ancora numerose e questo è anticipatore di un mercato ancora ben lungi dallo stabilizzarsi per terminare la china di fondo che, a giudicare tali divergenze, rimane ribassista nel medio termine.

In Europa, lo SMI e il DAX hanno raggiunto nuovi massimi a 5 settimane, non altrettanto il FTSE inglese e l’AEX olandese.

In Asia e nel Pacifico, solo l’indice indiano Nifty ha raggiunto un nuovo massimo plurisettimanale, mentre lo Shanghai Stock Composite ha registrato solo un rally molto modesto. Il giapponese Nikkei e l’ASX australiano hanno raggiunto nuovi massimi secondari, inferiori a quelli del 6 ottobre.

Da rilevare l’Hang Seng di Hong Kong, a dimostrare la tragedia immane di essere finito sotto l’amministrazione cinese, che è sprofondato a minimi pari a quelli del maggio 2009.

In Brasile, il Bovespa è ai massimi da aprile.

Il citato Dow Jones è l’indice che ha meglio performato negli Stati Uniti: S&P500 e Nasdaq, pur con i loro rialzi, sono invece rimasti sotto i massimi del 6 ottobre.

L’oro ha concluso la settimana in risalita di quasi 40 dollari rispetto al minimo e l’argento è tornato sopra quota 19 dollari.

Degno di rilievo, l’ulteriore intervento della Banca del Giappone a sostegno del cambio dollaro-yen.

Il dollar index è arretrato a causa di questo, registrando il doppio massimo rispetto al 13 ottobre, ed essendo poi stato respinto fino a 111.87.

Il livello 110.80-110.50 rappresenta la media mobile a 50 periodi, da parecchio tempo supporto naturale del dollar index.

Se venisse rotta al ribasso in modo deciso, costituirebbe un ottimo segnale sia per le borse che per i metalli: le prime per gli utili delle multinazionali americane, oggi alle prese con una valuta nazionale poco favorevole all’export, i secondi per il naturale aumento delle quotazioni essendo prezzati in dollari.

Peraltro, se la media mobile di cui sopra continuasse a tenere, sarebbe la conferma del trend rialzista estremo del dollaro.

Il recente squilibrio del rapporto di put contro call acquistate sul mercato retail americano, registratosi nella settimana precedente, ci fa pensare che il mercato non sarà molto favorevole, nel breve termine a discendere più di tanto, trovandosi market maker e istituzionali nella condizione di dover sostenere e compensare una pressione eccessiva sul ribasso e, nel contempo, di essere controparti venditrici che guadagnerebbero dal rialzo.

Parleremo presto ancora di questo aspetto particolare, che sembra indicare una pausa nel mercato ribassista e nella tenuta, a breve termine, dei minimi recenti.

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P.S.: La visione a breve, a 60-90 giorni, rispetto a quella a 6 mesi – un anno, sembra divergere.

In altre occasioni, abbiamo sottolineato la somiglianza del momento attuale con alcune fasi del 2008: e il doppio minimo molto azzoppato dal lato destro di giugno-ottobre sembra il doppio minimo gennaio-marzo del 2008. Cui è seguito, appunto una fase di tregua e un rialzo del mercato di almeno 2-3 mesi.

C’è a quel punto un doppio scenario possibile, che si sviluppa sul 2023: l’inflazione verrà domata oppure no, ovvero ci sarà un segnale concreto e non un rumor, una serie di numeri inequivocabili che ci indicano che la strada intrapresa è quella giusta?

Perché da quello dipenderà il dopo-tregua, se tregua ci sarà effettivamente.

Noi riteniamo ed è la prima volta che lo scriviamo, che nel 2023 l’inflazione rientrerà in valori molto più accettabili, ma è molto difficile dire se sarà nei primi o negli ultimi mesi. E da questo dipenderà che cosa accade dopo.

Se invece, il ribasso procederà da subito, lo scenario si dipinge come molto tenebroso. Perché la tregua è necessaria, per calmierare le posizioni in eccesso che ci sono attualmente sul mercato e di cui parleremo nei prossimi articoli.

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Maurizio Monti

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